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Sono certo che voi non siete tonti come il sottoscritto. Di questo libro mi ha intrigato il titolo, ho pensato che Luciano Bianciardi avesse scritto un libro sui parrucchieri. Dopo le prime pagine ho capito di aver sbagliato, la “Barberìa”, come spiega la Treccani,: “Denominazione (der. di bàrbero, bèrbero) di significato un po’ vago, usata dagli Europei, spec. nel passato, per designare il paese dei Berberi, cioè Marocco, Algeria, Tunisia e Tripolitania, spesso anche con valore estens., per indicare un paese remoto e barbaro o strano.” L’introduzione di Stefano Bartezzaghi è stata chiarificatrice. Una rivista dal titolo inequivocabile “L’automobile” propone un viaggio nel Magreb a Luciano Bianciardi. Viaggeranno su una Fiat 125 in cinque: Luciano Bianciardi, Maria Jatosti, Marcello Jatosti, Ovidio Ricci e Ritva Liisa Ruokonen. C’è chi si dedicherà alla guida, chi scatterà foto dei luoghi visitati e infine Bianciardi terrà un diario di viaggio da pubblicare successivamente. Se la caveranno abbastanza bene, piccoli inconvenienti, incomprensioni linguistiche, strade dissestate, nomi di vie cambiati. Marcello che è un ragazzino capellone (come si usava ai tempi) scambiato spesso per una femmina, un furtarello nel porta bagagli della 125 (anche se i ladri non ruberanno una macchina da scrivere, suscitando lo stupore di Bianciardi). La scrittura dell’autore è sempre ricercata, perfetta e amabile, ironica. Si ride anche con Jannacci, il diario di Caterina Caselli e i dischi di Little Tony (Povero Re! E povero anche il cavallo).
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