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Viaggio nelle Alpi bernesi (1796)
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1990
1 gennaio 1990
93 p., ill.
9788877661166

Voce della critica

HEGEL, GEORG WILHELM FRIEDRICH, Viaggio nelle alpi bernesi

HEGEL, GEORG WILHELM FRIEDRICH, Diario di viaggio sulle alpi bernesi
recensione di Cases, C., L'Indice 1991, n. 3

Di Hegel tutti sanno almeno che, secondo lui, il reale è razionale e il razionale è reale. Questa identità è stata sovente messa in dubbio e certamente anche Hegel si pentirebbe di averla affermata di fronte all'uscita contemporanea in italiano di due versioni del diario di un viaggio giovanile da lui compiuto quasi duecento anni fa. La coincidenza è reale, ma difficilmente si può considerare razionale. Visto che ne avevamo fatto a meno per tutto questo tempo, si può presumere che non si tratti di un'opera fondamentale e che una sola versione sarebbe bastata. Per fortuna le due edizioni non sono equivalenti. Quella di Bodei ha note molto sobrie e un'eccellente prefazione (Bodei è uno di quei rari scrittori di cui si può ancora dire che "esauriscono l'argomento"). La traduzione è scorrevole e le cartine molto chiare. L'altra edizione ha prefazione e note più estese, certo informate, ma talvolta un po' strane; in compenso è arricchita da belle vignette contemporanee. Insomma, si può trovare un po' di razionalità anche qui riservando la prima edizione ai filosofi e la seconda agli amanti della montagna.
Patria di Rousseau, la Svizzera era allora un paese celebrato per le rudi virtù dei suoi abitanti, legate alla natura montuosa e contrapposte da tutta una tradizione, che si rifà soprattutto al poemetto "Die Alpen* di Albrecht von Haller (1729), molto caro a Kant, alla vita molle e viziosa delle corti. Un genio dell'Fbi dice in un classico del cretinismo cinefilo: "Ci sono virtù che credevo scomparse e che invece ho ritrovato qui a Twin Peaks". La Svizzera era e in parte crede ancora di essere la Twin Peaks dell'Europa. Chi non va in montagna non può capirlo, neanche se ha la fortuna di nascere svizzero. Per esempio Peter Bichsel, autore di uno spiritoso saggio "La Svizzera dello svizzero (il virus della ricchezza, Marcos y Marcos), scrive: "Il Giura e le Alpi mi suscitano più che altro dei rimorsi di coscienza, perché ho sempre l'impressione che dovrei scalarli ed ogni volta lascio perdere". Hegel non lasciò perdere. Non era svizzero, anzi era nato in una regione collinare e a regime assoluto come il Wurttemberg. A Berna, dove era capitato un po' per caso come precettore di una famiglia patrizia (sistemazione allora comune per i giovani intellettuali), ebbe modo di mettere alla prova i suoi preesistenti sentimenti repubblicani, ma quanto all'alpinismo non c'era nulla di preesistente e Hegel vi si dedicò eccezionalmente. Lasciata Berna non ebbe più a che fare con le montagne, anzi fino a Berlino, al centro della piattissima Marca di Brandeburgo.
Ma quella volta se la cavò, pare, benissimo. Da Thun a Lucerna, sette giorni di camminata ininterrotta, dal 25 al 31 luglio 1796, passando per Interlaken, Grindelwald, Meiringen, Andermatt, Altdorf e salendo fino ai 2064 metri del Kleiner Scheidegg e ai 2431 metri dal passo della Furka. Ebbe modo di vivere la vita semplice idoleggiata dagli ammiratori della Svizzera, anche se non ne era particolarmente entusiasta: si cibava di latticini trovati nelle malghe o approfittava degli ospizi di frati, dove si trovava del vino italiano o addirittura delle salsicce di Bologna (cioè presumibilmente dei salami). Gli piaceva infatti molto il vino rosso, in ciò assai simile a Goethe, che ne beveva un litro a pasto. L'attenzione per il cibo rientra nel generale interesse per il concreto e per il momento economico, in contrasto con l'immagine del filosofo nelle nuvole (del resto in quegli anni leggeva molto di economia politica). Che i margari lasciassero al compratore la stima del prezzo dei loro prodotti non l'attribuisce a generosità, ma anzi alla speranza di ricavarne il più possibile. Anche gli osti che da Wassen a Steg vendono ai turisti cristalli portati dalla montagna "conoscono bene la differenza tra pezzi di maggior valore e pezzi di minor valore". Addio montanari negati ai traffici.
Non meno dei montanari lo deludono le montagne. Nelle valli lo deprime l'angustia, sui ghiacciai la monotonia. "La loro veduta non offre niente di particolarmente interessante. Si può solo dire che è un nuovo tipo di veduta, che però non offre assolutamente nessun'altra occupazione allo spirito" fuorché la meraviglia perché li si gela mentre a poca distanza, in pianura, si scoppia di caldo. Una mentalità così prosaica finisce per andare in montagna solo per fare i conti in tasca agli alpigiani che gli vendono le tome. Non a caso Hegel diffiderà sempre del bello di natura di fronte al bello artistico e polemizzerà con Kant a proposito dei suoi entusiasmi per l'immensità degli spazi siderali in cui egli non vedeva altro che la "cattiva infinità". Ghiacciai, sempre ghiacciai; stelle, sempre stelle. Casomai la natura gli piaceva quando non gli dava l'impressione dell'incombere di una necessità dinanzi alla quale l'uomo si annichila. Lo spettacolo che più lo attira in questa escursione sono le cascate, poiché in esse l'infinito si concilia con il finito, il grandioso con l'aereo. "E proprio per questo la graziosa, non costretta, libera caduta di quest'acqua che si nebulizza, ha in sé qualche cosa di tanto più amabile. Dal momento che quella che si osserva non è una grande forza, una potenza, il pensiero della coazione, della necessità della natura può restare lontano e la vitalità nel suo continuo risolversi e rifluire, nel suo movimento e nella sua attività perenne, senz'essere riunita in un'unica massa, produce piuttosto lo spettacolo di un libero gioco". Anzi questo spettacolo entusiasma talmente Hegel che egli spiega a lungo le ragioni per cui nessuna immagine ne può dare un'idea. "La presenza sensibile del quadro non consente all'immaginazione di ampliare l'oggetto rappresentato, ed essa è costretta a concepirlo così come glielo offre la vista". "Del resto, anche nel quadro migliore manca necessariamente l'elemento più attraente, più essenziale, la vita perenne e il suo fluire possente". Il che sarebbe un argomento contro le vignette dell'editore Lubrina se nel frattempo cinema a Tv non avessero inflazionato la riproduzione del fluire possente della vita tanto da renderlo più insopportabile delle morte distese dei ghiacciai.
Le quali permisero a Hegel di ribadire la sua avversione per il cosiddetto argomento fisico-teologico che desumeva l'esistenza di Dio dal perfetto ordinamento della natura al servizio dell'uomo, inspiegabile senza un Creatore. Secondo certi divulgatori di Leibniz, Dio avrebbe diviso l'arancia a spicchi perché potesse essere equamente ripartita tra i membri della famiglia. Hegel li invita a andare in montagna. "Dubito -egli scrive - che anche il teologo più credulo oserebbe qui, su questi monti in genere, attribuire alla natura stessa di proporsi lo scopo della utilità per l'uomo, che deve invece rubarle quel poco, quella miseria che può utilizzare, che non è mai sicuro di non essere schiacciato da pietre o da valanghe durante i suoi miseri furti..." Dunque anche per Hegel non è vero che tutto il reale sia razionale: nonostante la sua fiducia nello spirito, egli si rendeva conto che esso trovava i suoi limiti in una natura nientaffatto benevola. Quello che non immaginava è, che i ritrovati dello spirito potessero diventare per l'uomo pericoli molto più gravi delle valanghe e delle tempeste.

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Friedrich Hegel

1770, Stoccarda

Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 - 1831) è stato un filosofo tedesco, considerato il rappresentante più significativo dell'idealismo tedesco. Il suo pensiero segna una svolta decisiva all'interno della storia della filosofia: da un lato, molti dei problemi classici della filosofia moderna verranno riformulati e problematizzati diversamente, come il rapporto mente-natura, soggetto-oggetto, epistemologia-ontologia (in ambito teoretico) o i temi relativi al diritto, alla moralità, allo Stato (in ambito pratico e morale); dall'altro, vengono introdotti nuovi problemi, come quello di dialettica, di negatività, di toglimento (o superamento, Aufhebung in tedesco), la distinzione fra eticità e moralità, fra intelletto e ragione etc.; mentre verrà...

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