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"Per me viaggiare, o almeno viaggiare in un certo modo, è scrivere e scrivere è viaggiare". Così scriveva Michel Butor. L'opera che ha inventato quel "certo modo" di viaggiare e scrivere, precorrendo tutti i racconti di viaggio che prestano più attenzione ai sentimenti, ai pensieri e agli incontri inattesi, tralasciando i monumenti, le opere d'arte, gli alberghi e le osterie è il Viaggio sentimentale di Yorick, scritto da Laurence Sterne nel 1768 e tradotto in italiano da un anonimo curatore nel 1792 e da Ugo Foscolo nel 1813. Grazie a questa celebre versione, Sterne e il suo alter ego Yorick sono diventati familiari al pubblico italiano, mentre è rimasta in ombra l'opera maggiore di questo autore geniale, La vita e le opinioni di Tristram Shandy, rivoluzionario romanzo che, per la sua forte sperimentazione, ancora oggi è amato più dagli scrittori e dagli studiosi che dal grande pubblico. Senza Tristram Shandy forse non avremmo avuto Joyce, ma anche, pescando tra gli autori più amati al giorno d'oggi, Javier Marías e Milan Kundera.
Senza il Viaggio Sentimentale, invece, i viaggiatori avrebbero probabilmente continuato a scrivere resoconti dettagliati e utili, impegnati e colti, senza arrischiarsi nei territori dell'animo e delle sensazioni. È stato Sterne a fondere per primo letteratura e viaggio, come scrive Paolo Proietti nella postfazione, intrecciandoli alla vita, per raccontare la nascita di un pensiero o la storia di un gesto. Il racconto di Yorick, costruito secondo l'andamento a tappe del viaggio, è composto da un mosaico di dettagli di solito ritenuti triviali e poco importanti, ma che a ben vedere costituiscono il tessuto più autentico della nostra esistenza: uno sguardo d'intesa, una fugace liaison con una donna incontrata in una stanza d'albergo, una riflessione sulla libertà nata guardando uno stornello chiuso in gabbia. Un mosaico che però resta incompiuto, e questo non solo perché Sterne muore due settimane dopo l'uscita della prima metà dell'opera, ma perché, come qualsiasi viaggio, non può avere una fine che non sia una sosta, provvisoria e sospesa. Ribaltando la consueta gerarchia dei valori, Sterne riesce perciò a mettere in difficoltà e a modificare "dall'interno" la letteratura di viaggio in voga nell'epoca del Grand Tour, "quando viaggiare era un'arte" e ogni giovanotto inglese di buona famiglia stilava il catalogo delle meraviglie assaporate in Italia e in Francia. Forse per questo chi scrive ha trovato questa nuova edizione del Viaggio sentimentale nello scaffale della "narrativa di viaggio" di una grande libreria italiana, tra Bruce Chatwin e Tiziano Terzani. Non per distrazione dei librai, ma perché questa edizione si presenta con un corredo di immagini settecentesche dei luoghi canonici del Viaggio in Italia, che inserisce il libro di Sterne nel canone della Travel Literature.
Partendo da queste immagini, l'apparato che accompagna il testo, con i saggi di Giovanni Puglisi, Patrizia Nerozzi Belmann e Paolo Proietti, rivolge l'attenzione all'aspetto iconografico e visuale dell'opera sterniana, un lato interessante e poco esplorato, se si esclude il lavoro dell'americano William Blake Gerard. Con il commento di Maria Stella Wirz, vengono riproposti gli acquarelli dipinti da Filippo De Pisis per un'edizione del Viaggio del 1944; illustrazioni preziose e sconosciute agli esperti d'oltralpe. Un dubbio, o meglio una curiosità, che non ci impedisce di festeggiare il ritorno di Yorick in libreria, riguarda la scelta di ripubblicare la traduzione di Foscolo, che andrebbe forse storicizzata e letta come opera a sé. Dopo le ammirevoli prove di Giancarlo Mazzacurati e di Viola Papetti, una nuova traduzione del Viaggio avrebbe forse riacceso il dibattito su questo classico sui generis, facendo sorridere o arrossire giovani e futuri viaggiatori sentimentali.
Stefano Moretti
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