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"Sine ira et studio". Cioè "senza ostilità né favore". In poche parole "spassionatamente" nel senso letterale di "senza alcuna passione di parte". Sono le celebri parole con le quali Tacito nel Proemio degli "Annales" cristallizza il corretto metodo storico accingendosi a parlare di fatti tutto sommato ancora abbastanza recenti e dunque passibili di opinioni partigiane. Quando si passa dalla cronaca e dall'attualità alla storia? Quanti anni di distacco da un avvenimento servono per poterne parlare scientificamente senza il fardello fuorviante delle opinioni personali? Domanda difficile, alla quale di solito si risponde: "Almeno una o due generazioni", ciò che - detto per inciso - dovrebbe tra l'altro sopprimere nella culla la critica che ogni insegnante di Storia si è sentito rivolgere almeno un centinaio di volte nella vita: "Perché non siete arrivati col programma sino a ieri mattina?". Ora, dopo un'introduzione così altisonante, vi attendere la recensione di un corpulento volume di mille pagine sulla Seconda Guerra Mondiale... E invece no. Trattasi di recensione di un agile libello di 125 paginette nel quale Piergiorgio Pardo nell'anno del Signore 2000 - dunque a distanza zero dagli avvenimenti - ricostruisce con bella scrittura, ricchezza di contenuti, ordine e bravi aiutanti il mood della cultura di massa degli anni Ottanta e Novanta del Novecento, soffermandosi in particolare su cinque aspetti del periodo in questione: la diffusione del videoclip musicale come nuova forma artistica; la transizione tra cultura dello schermo e cultura del monitor e delle chat; l'evoluzione della musica dal punk alle ultime tendenze di fine secolo; i film cult del ventennio trattato; le vicende del fumetto contemporaneo. "Intelligenti pauca". Cioè "a buon intenditor poche parole". E Pardo è sia buon intenditor sia di poche parole. Ottimo lavoro! "L'edonismo come controcultura? Ne siamo convinti, per quanto al lettore possa sembrare una interpretazione azzardata." (p. 7)
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