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Un giallo con inquietanti sfumature noir, questo romanzo d'esordio del torinese Riccardo Borgogno. Più d'uno sono gli spunti originali che nutrono una trama piuttosto complessa nella sua articolazione, ricca di una coralità di personaggi di ambienti ed epoche diversi, i cui destini sono centrifugati nella storia da una serie di avvenimenti sovrapposti che il lettore segue però agevolmente e con crescente suspense, come da tradizione del genere. Innanzitutto la materia dell'intrigo, vale a dire ciò che sta dietro, o meglio, davanti, a celare lo smaltimento illegale di rifiuti: le società di comodo che agiscono a questo scopo nel mondo della finanza, pilotate, in questo caso, dalla mafia croata e da insospettabili uomini d'affari italiani. Fa da sfondo una Torino di fine anni novanta, nella quale a emergere sono i vuoti conseguenti alle grandi demolizioni industriali, come l'enorme "distesa di pozzanghere, mattoni e pezzi di mattone" che rimane al posto dello stabilimento della Lancia, "dopo che i camion avevano portato via tutto". Da un brutale e apparentemente inspiegabile omicidio prende avvio la successione di eventi in cui il protagonista si trova implicato, del tutto suo malgrado, finendo per averne la vita sconvolta. Marino Araldi, questo il nome dell'uomo, ha un passato di militanza nell'estrema sinistra, e il suo coinvolgimento nella vicenda lo costringe ad affrontare ricordi e amarezze di quel periodo, ora che l'esistenza pareva averlo del tutto allontanato da quell'esperienza. Un periodo che riporta a galla con violenza tutte le sue contraddizioni, dal quale lui e quelli come lui "avevano avuto solo delusioni e dispiaceri", ma di cui solo loro avevano "l'esclusiva nel bene e nel male" e "il diritto di giudicarlo, assolverlo o condannarlo". In realtà questo suo forzato ritorno al passato non induce in Araldi né assoluzioni né condanne, è per lui fonte di rimpianti che altra funzione non avranno se non quella di distruggere i presupposti della sua più recente vita borghese, verso un nuovo inizio talmente incognito da non venire neppure evocato.
Giuliana Olivero
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