L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (0)
Indice
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Quale fu il comportamento dei vinti, dei soldati di quel cosmopolita esercito imperial asburgico, dopo l’armistizio di Vittorio Veneto? E’ questa la domanda da cui è nato questo saggio scritto a quattro mani da Mario Isnenghi e Paolo Pozzato. Il quesito è più che mai necessario perché posto che gli sconfitti abbiano tirato un sospiro di sollievo per aver allontanato così l’incombente pericolo della morte, è altrettanto vero che quei militi battuti, laceri, affamati, si trovarono frastornati per la perdita di quello che era sempre stato, da secoli, il faro della loro esistenza, quell’impero dissoltosi e smembrato ben presto in tanti stati non sempre legati da rapporti amichevoli. Questa impensabile sconfitta si tradusse in una generale sfiducia, tanto più marcata quanto più forte, ed errata, era stata la convinzione di una supposta inferiorità del soldato italiano, quel soldato che, quasi travolto con la dodicesima battaglia dell’Isonzo e con la disfatta di Caporetto, era quasi miracolosamente risorto già nel novembre 1917, per cambiare completamente, in modo positivo, a partire dal mese successivo, tenacemente attaccato alla linea del Piave, capace di respingere il nemico incalzante, per poi vanificare l’attacco austriaco nella battaglia del solstizio, arrivando a contrattaccare e ora addirittura travolgente nell’ultima e definitiva battaglia. Quell’impero, che dal di fuori pareva monolitico, si frantumò come se fosse d’argilla e le tante nazionalità che lo componevano e che da anni reclamavano un’autonomia sempre negata, ora rialzavano la testa e cercavano di ottenere non diplomaticamente o politicamente, ma con l’azione quello che era da troppo nelle loro mire. il libro di Isnenghi e Pozzato assume un’importanza basilare non solo per comprendere i motivi del dissolvimento di un impero millenario, ma anche per rendersi conto che la Grande Guerra fu l’occasione per legare quegli italiani che nell’unità d’Italia vedevano ancora solo un’entità astratta.
Finalmente un libro che ha il coraggio di togliere la maschera dell'ipocrito buonismo di facciata di chi interpreta la prima guerra mondiale esclusivamente come un atto irresponsabile del Regno d'Italia, fingendo di non vedere il forte nazionalismo e militarismo dell'Impero danubiano. Da far leggere nelle scuole.
Siamo quasi al centenario del 4 novembre 1918, la fine per noi della Grande Guerra. Sappiamo molto sul nostro operare, sui contrasti fra Cadorna e altri, sull'insipienza di molti nostri generali, su Caporetto e il Piave (anche se ho scoperto da questo libro che un mese prima di Caporetto gli italiani avevano avuto la possibilità di entrare a Trento dalla Valsugana sfruttando il malumore degli slavi verso la propria monarchia e che solo per l'ignavia di un paio di nostri generali non fu sfruttata l'occasione. Ma sappiamo poco o nulla di quanto hanno pensato e scritto successivamente i perdenti, non solo ufficiali, ma anche sottufficiali e graduati, sulla loro sconfitta e sulla successiva distruzione della loro monarchia. Tutti restano sgomenti di fronte alla sconfitta contro gli italiani, ritenuti traditori e mezzi uomini; non si capacitano, danno tutti la colpa alla fame e alla codardia di ungheresi, sloveni, cecoslovacchi che verso al fine si rifiutarono di combattere. Non c'è uno che possa ammettere che l'Italia non era poi quella nazione che pensavano di sconfiggere in quattro e quattr'otto. Non parliamo poi di chi fu preso prigioniero: prigioniero degli italiani!!! Del resto diverse delle testimonianze riportate nel libro sono di ufficiali passati negli anni successivi, alcuni con gradi molto elevati, nelle file del nazismo. L'unica pecca del libro, se vogliamo, è l'assenza di testimonianze di vinti provenienti dal Sud Tirolo o, come diciamo noi, Alto Adige.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore