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Adelphi (Saggi, 19); 1986; Noisbn; Copertina flessibile con risvolti ; 22 x 14 cm; pp. 426; Traduzione di Ottavio Fatica, Eva Czerkl. ; Presenta segni d'uso ai bordi (piccole imperfezioni), interno senza scritte, volume lievemente brunito; Buono (come da foto). ; «È criminale uccidere la vittima perché essa è sacra ... ma la vittima non sarebbe sacra se non la si uccidesse». Questo terribile, paralizzante circolo vizioso si incontra subito, quando si esamina la realtà del sacrificio. Di fronte a esso l'ambivalenza tanto frequentemente evocata dal pensiero moderno ha l'aria di un pio eufemismo, che malamente cela il segreto non già di una pratica estinta, ma di un fenomeno che ossessiona il nostro mondo: la violenza - e il suo oscuro, inscindibile legame con il sacro. Nesso tanto più stretto proprio là dove, come nella società attuale, si pretende di conoscere il sacro soltanto attraverso i libri di etnologia: del sacro si può dire infatti, osserva Girard, che esso è innanzitutto «ciò che domina l'uomo tanto più agevolmente quanto più l'uomo si crede capace di dominarlo». Che cosa lega, che cosa tiene insieme una società? Il «linciaggio fondatore», l'ombra del capro espiatorio, risponde Girard - e la brutalità della risposta è proporzionale alla lucidità, alla sottigliezza, all'acutezza delle analisi che a tale conclusione portano. Si tratti della tragedia greca o di riti polinesiani, di Frazer o di Freud, di fenomeni del nostro mondo o di grandi figure romanzesche, sempre Girard riesce a mostrarceli nella luce di quell'evento primordiale, sempre taciuto, sempre ripetuto, in cui la società trova la sua origine, rinchiudendosi nel circolo vizioso fra sacro e violenza. In questo libro, che apparve in Francia nel 1972, molti ormai hanno riconosciuto il fondamento di un'opera di pensiero fra le più rilevanti del nostro tempo. Con gesto drastico, Girard è sfuggito a quelle disparate neutralizzazioni del religioso a cui l'antropologia, da decenni, ci ha abituato -...
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