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Il violino di Auschwitz - Maria Àngels Anglada - copertina
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Descrizione


Un violino costruito nell'inferno del lager, "assurdo come una pianta di rose in un porcile". Un violino per ritrovare la dignità violata e. forse, per sopravvivere. Quando Daniel, liutaio a Cracovia, viene deportato ad Auschwitz, dei gesti e delle sensazioni di quel mestiere così amato gli resta solo il ricordo. Finché un giorno viene convocato dal comandante del campo, il maggiore Sauckel: dovrà riparare il violino del suo amico Bronistaw, celebre musicista ridotto ora a esibirsi davanti ai suoi carnefici. Di fronte all'abilità del liutaio, il sadico e raffinato maggiore decide di commissionargli uno strumento nuovo. Un violino che dovrà essere "perfetto come uno Stradivari": altrimenti sia Daniel che l'amico andranno incontro a una fine peggiore della morte. Solo cinquant'anni dopo, in una Cracovia invernale che celebra il secondo centenario della morte di Mozart, la storia segreta e miracolosa di quel violino verrà finalmente svelata.
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Dettagli

2009
147 p., Rilegato
9788817028059

Valutazioni e recensioni

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monica
Recensioni: 3/5

Veramente bello, in un luogo di morte costruito soltanto per l'annientamento arte e talento riescono a sopravvivere e a restituire anche solo per un attimo un po' di dignita' umana.

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andrea_18_
Recensioni: 5/5

un libro bello,no, forse eccelso...stupendo mi e' piaciuto tantissimo;un libro che unisce straordinariamente la crudeltà di un lager e la dolcezza della musica di un violino..all'inizio ero indeciso se comprarlo o no alla fine l'ho trovato scontato e l'ho preso...bè...ho sbagliato vale tutti i soldi che costa...storia bella finale stupendo..complimenti all'autrice.

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l'indiscreto
Recensioni: 3/5

libro ben scritto . una storia da ricordare dove la musica rende la crudelta' un po' sopportabile dove l'angherie e le ingiustizie appaiono dolorose ma rarefatte nel ricordo di un meraviglioso legno lavorato con il corpo e l'anima

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Recensioni

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Voce della critica

Ripercorrere le tappe dell'Olocausto e le tante storie che si sono intrecciate con quell'orrore è un processo che non ha fine e che a volte è più necessario che altre. La bellezza, come risposta e anche antidoto alla barbarie e alla follia dello sterminio, è un tema simbolo sempre forte e suggestivo. E in questo momento, a fronte di certo "negazionismo", fa bene leggere un romanzo come questo, per tanti versi molto esile, ma con una storia struggente, che l'ha reso, in poco tempo, l'opera più conosciuta, letta e tradotta dell'autrice catalana.
Auschwitz. Un violino, costruito in mezzo all'orrore, aiuta a ritrovare la dignità violata e a vivere. La storia, diversa nei dettagli, è quella delle donne e degli uomini sopravvissuti all'inferno, secondo Primo Levi e altri reduci, grazie all'unica arma possibile, il potere della passione. Non importa se per la musica, l'arte, un'idea. Daniel, liutaio in Cracovia, viene deportato. Da quell'istante ogni giorno è un "giorno nella Geenna". Il lager, nel romanzo, è infatti quello che conosciamo: corpi scheletriti, denudati e seviziati, fame, bastonate, umiliazioni, kapò e comandanti crudeli, ma così amanti della musica da organizzare concerti, commuoversi e lanciare fiori. Salvo "promuovere" gli esperimenti di Rascher, lo scienziato di turno, che immerge i prigionieri nell'acqua gelata e annota scrupolosamente le reazioni, fino a quando svengono. Daniel è incaricato dal maggiore Sauckel di riparare il violino dell'amico Bronislaw, celebre musicista, ridotto a esibirsi davanti ai suoi carnefici, poi, vista la sua abilità, di costruirne uno, "perfetto come uno Stradivari". La prospettiva è di non lavorare più all'addiaccio, non essere più "un numero, oggetto di scherno", sopravvivere. Le "energie che gli rimangono" si concentrano nelle dita, piagate dal freddo. Dimentica la fame, la rabbia, la morte dei compagni.
Un unico suono, si potrebbe dire una sola arcata, fa vibrare le pagine del libro e attraversa i cinquant'anni del racconto. Dalle notti insonni nella baracca, quando quel timbro risuona ancora solo nella sua mente e lui spera che quel canto gli sopravviva, fino a quando realizzerà il violino e si salverà, e oltre. Dopo la morte. Parte seconda. Cracovia. Inverno. Cinquant'anni dopo. Durante un concerto, organizzato per celebrare il secondo centenario della morte di Mozart, il violino, miracolosamente ricompare. La storia viene svelata. Tra un capitolo e l'altro, cambio di grafica per brevi annotazioni o parti di documenti originali. Come quello indirizzato a Himmler, che riguarda l'utilizzo dei denti d'oro dei prigionieri morti o la relazione al ministero dell'Economia del Reich, dei 76.000 vestiti e degli 89.000 pezzi di biancheria intima di seta consegnati dalle donne, più una lista di stracci, piume per materassi e capi d'abbigliamento per un totale di 2.975.000 chili. O quello che sembra essere lo stralcio della relazione di una guardia del ghetto: "Ho visto un'ebrea che si arrampicava su una staccionata (…) per rubare rape. Ho fatto fuoco. L'ebrea è caduta. Tipo di arma: carabina 98. Munizione usata: 2 pallottole".
Il contrasto tra la storia e l'agghiacciante contabilità e tono delle relazioni è una cifra. E nella scansione, potente di per sé, senza bisogno di aggiunte, c'è molto del senso del piccolo libro. "Non si poteva dire che la musica ammansisse le bestie feroci, eppure il canto era tutto." Per chi è rimasto forse, in questi giorni, è più importante del solito ricordare anche qualche numero e ri/leggere qualche documento.
Laura Fusco

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