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Avevo ancora qualche illusione sul Medioevo. Ci fanno sognare i castelli e le meraviglie. Se qualcuno ha qualche dubbio invece sulla realtà bisogna che legga questo libro. le persone povere di tutti i tipi, dai delinquenti agli onesti, dagli usurai ai macellai e ai medici (considerati a contatto con la morte), erano ritenuti colpevoli sia dalla giustizia ecclesiastica che da quella laica e non avevano diritto di testimoniare contro i ricchi sia laici che ecclesiastici. Le donne, i minorenni e i minorati fisici e psichici non erano neppure presi in considrerazione. Questo è un lato terribile della povertà medioevale che si può notare anche nei quadri di Brueghel il Vecchio e Bosch.
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Quando i venerabili patres cristiani del secolo IV costruirono il complesso edificio istituzionale e ideologico della chiesa cattolica immaginarono una società a cerchi concentrici, con un nucleo di eletti illuminati dallo spirito santo, formato dagli stessi vescovi e da quanti tra i fedeli erano in grado di capire le sacre scritture; al di fuori di questa cerchia si trovavano i semplici fedeli, di buona fama e rispettabili, vale a dire obbedienti ai precetti della chiesa cattolica; poi, più esterni, i villici, gli abitanti del suburbio, simplices, ignoranti e fragile preda di superstizioni contrarie alla fede; ancora dopo, tutti i "minorati" per qualche ragione, giuridica o fisica, anche senza colpe, come le donne, gli infanti, i pazzi, gli stolti; e infine, fuori di qualsiasi recinto, i reietti, i nemici della fede, gli eretici, gli apostati, gli ebrei e in generale i delinquentes, persone malvagie, incuranti della propria reputazione e per questo nemici naturali e impenitenti della fede cristiana. Tutti questi, esclusi, o più frequentemente autoesclusi e per nulla consapevoli della propria condotta, non solo erano fuori del novero dei fedeli, ma dovevano essere espulsi anche dal consesso civile, perché ritenuti indegni, incapaci di fides e dunque privi di credibilità e di affidabilità. Erano persone naturalmente ribelli, perché la mancanza di fides religiosa portava con sé un'assenza sia di fides come fiducia, necessaria a stabilire relazioni sociali positive, sia di fidelitas come obbedienza al potere politico.
Di più, per i dotti padri della chiesa, intrisi di cultura romana che aveva attentamente graduato la personalità giuridica secondo l'età, il sesso e la condizione sociale dei soggetti , i non credenti e gli infedeli erano di fatto "non persone": erano "uomini-animali", privi delle facoltà intellettive necessarie a penetrare la parola divina e ad accettare la guida imposta dai patres della chiesa trionfante. L'uomo non cristiano è respinto in uno stato di abbrutimento animalesco che lo denuda della stessa definizione di uomo: chi non ha lo spirito santo, è "segregato dalla chiesa", e dunque è un animalis, conduce una "vita bestiale", come scrive sant'Agostino sulla scia di san Paolo. Al di fuori della civitas cristiana, che si identifica con la società politica in generale, si trova solo una silva incolta, abitata da demoni e da bestie, come gli ebrei, "asini selvatici", indomiti nella loro miscredenza, secondo le parole di Agostino, Cassiodoro, Beda, seguiti da buona parte della cultura cristiana medievale.
Il cuore del bellissimo libro di Giacomo Todeschini risiede in questa breve ma densa apertura sulla biopolitica del primo cristianesimo. Senza questa premessa non si capirebbe l'importanza dei sistemi di esclusione e delle gerarchie di appartenenza che hanno attraversato il medioevo consegnando al mondo moderno un lungo catalogo di infami da tenere sotto controllo, fuori delle cerchie legittime della socialità comunitarie. Sulla base di uno spettro amplissimo di fonti giuridiche, normative e teologiche, Todeschini ci guida nel lungo percorso di elaborazione di questi sistemi, pensati dall'élite cristiana dei vescovi del IV-V secolo. Furono i vescovi, come si è detto, i primi a distinguere la società cristiana in due livelli: le persone di spirito appartenenti alla casta sacerdotale da una parte, e una massa di esclusi che premono alle porte della cittadella cristiana dall'altra. Da qui si dipartono le vie per delimitare la società, guidare le pecore verso la giusta via, escludere i ribelli, reprimere gli esclusi.
Un'opera che ha bisogno di linee guida rigide e di modelli chiari, come quello di "uomo sacro", vale a dire del sacerdote. I valori e le qualità richiesti per diventare sacerdote rappresentarono per lungo tempo il modello alto di uomo di buona fama, rispettabile e degno di fiducia. Un modello di saggezza raramente attingibile dai laici, ma ugualmente portato ad esempio e usato come metro per valutare i comportamenti dei fedeli. Le liste di "inadatti al sacerdozio" contengono in negativo le prime elencazioni di uomini minores e coincidono con le liste di inadatti a presentare un'accusa in tribunale e a testimoniare, elaborate nel corso dell'alto medioevo. La sovrapposizione è significativa, perché chi non può accedere al sacerdozio non è degno di accusare in tribunale i membri del clero, che sono palesemente al di sopra e al di fuori della portata dei semplici fedeli. Esistono naturalmente un tribunale e una procedura per accusare le persone ecclesiastiche, ma si tratta di una giurisdizione tutta interna alla chiesa, che ancora nel Duecento escludeva qualsiasi ruolo attivo dei fedeli. Insomma, gli ecclesiastici costituivano una casta superiore, incaricata da Dio di giudicare gli individui e di classificarli in base alla loro appartenenza attiva al popolo cristiano, ma ingiudicabile da quegli stessi fedeli che doveva guidare.
Accanto alla creazione di queste schiere di eletti in base alla funzione, si definiscono le sfere di esclusione giuridica dalla società cristiana. Esclusi per diritto sono gli infedeli e in primo luogo gli ebrei, sordi al richiamo della conversione e, anzi, pervicacemente convinti di essere del giusto; una pervicacia che diventa aperta sfida alla ritualità cristiana, conferendo alla presenza di ebrei nella società una dimensione di scandalo perenne, di prova che i cristiani sono costretti a subire. Esclusi sono gli usurai, che tesaurizzano la ricchezza e attribuiscono un prezzo alla carità, per definizione gratuita, estraniandosi dai sistemi di legittima circolazione dei beni interni alla società cristiana. Come esclusi sono, o rischiano di esserlo, tutti quelli che fanno mestieri illeciti e pericolosi, che si insozzano le mani, che usano il corpo per divertire e corrompere, che maneggiano il denaro per creare arricchimenti indecenti. Ed esclusi sono infine tutti poveri, i pauperes, colpevoli in qualche modo, o sospetti di esserlo, della propria miseria economica.
Ma il cantiere della malafama diretto alla chiesa non si limita a delimitare i settori dell'esclusione e a rinchiudervi i reietti. La forza della pubblica reputazione viene piegata violentemente ai programmi di inquadramento di una società urbana sempre più variegata e ricca, indipendente, colta, apparentemente legittimata dalla propria operosità e dalla riuscita delle imprese familiari. Contro questo mondo sicuro di sé e orgoglioso della propria dimensione civica e comunitaria, la chiesa mise in campo nei secoli finali del medioevo una pastorale dell'insicurezza e della labilità delle condizioni sociali che doveva minare le basi di questa impertinente autopromozione sociale. Qui Todeschini illumina veramente una dimensione essenziale dell'ideologia sociale della chiesa tardomedievale. Nessuno status sociale era o poteva essere considerato al sicuro per sempre. I confini con il mondo degli esclusi era incertissimo, permeabile, sempre aperto a chi non riconosceva i limiti della propria condizione, a chi si ostinava a pensare che tutto il bene veniva dalla propria abilità nel lavoro o negli affari. In questa pastorale dell'incertezza domina quindi il pericolo della caduta e del rovescio che getta gli uomini di buona fama in un girone infernale di decadenza e di abbrutimento. Si vuole colpire in tal modo "l'assenza di consapevolezza del peccato" che caratterizzano spesso le élite socio-economiche uscite vincenti dalle ristrutturazioni economiche. Per essere accettati come membri durevoli della societas cristiana bisogna invece essere coscienti della caducità delle condizioni umane, riconoscere i propri peccati delegando ai chierici il compito di redimerli, rinnovare periodicamente l'atto di sottomissione a Dio celebrato nella messa.
L'esito finale di questa trasformazione della pastorale restituisce dunque un mondo di facilissime cadute, di condizioni instabili, di vere e proprie "esclusioni di massa" dalla società dei fedeli, che la società moderna non solo non ha cancellato, ma ha sapientemente interiorizzato fino a tempi recentissimi. La paura della caduta e della possibile esclusione dal novero degli integrati continua imperterrita a tormentare i nostri giorni. Massimo Vallerani
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