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E' inutile, nei film italiani spesso si respira un'aria particolare, oserei dire tutta nostra, intendendo con questa espressione un'italianità nel senso buono del termine; caratteristica che si manifesta in un sottile afflato di passione, di delicatezza ma anche di impetuosa attenzione ai sentimenti più profondi dell'uomo. Rispetto alla standardizzazione che sempre più connota le produzioni d'oltreoceano, mi piace sempre notare come registi della nostra penisola si diano ad un tipo di cinema lontano dai facili cliché. Certo, talvolta i risultati sono un po' pretenziosi e si rischia di mettere in piedi pellicole capite poco, ma il pregio è trovarsi di fronte a storie scevre da una prevedibilità e da una banalità tediose ed inutili. Il film di Piccioni non è un capolavoro, è bene dirlo, è originale a suo modo per aver imbastito una tormentata storia d'amore in un contesto poco battuto dal cinema, coglie nel segno a larghi tratti e qualche volta si lascia un po' prendere la mano da sè stesso, disperdendosi nelle sue pur buone idee. Il merito di Piccioni, da un lato, è di aver dimostrato anche di amare il cinema; volentieri il regista marchigiano riprende sezioni di provini, letture, "papere" sul set, situazioni di backstage, mostrando a noi profani la realtà di un mondo del quale vediamo solitamente il risultato finale.
Un film che non lascia indifferenti, una storia d' amore moderna in un mondo di professionisti dove l' interesse e la convenienza prevale sui sentimenti autentici. La protagonista incanta tutti con la sua semplicita, il coraggio di essere se stessa comunque, e le sue scelte coraggiose. Il protagonista grazie a lei si sveglia dal letargo e ricomincia ad entrare in linea con la propria anima artistica sacrificata sull' altare del successo.
Ho visto solo ora il film. Un film davvero gradevole, in cui le mie simpatie vanno di certo al personaggio di Laura, una donna tormentata, ma positiva, che vive pienamente le sue emozioni e non si maschera nel ruolo, dal quale appare distaccata e presente a se stessa; Lo Cascio è bravissimo, ma non mette mai se stesso in discussione, come fa invece Laura: lui non azzarda, non rischia, è rinchiuso e proiettato nel nel suo lavoro, ma non ha un buon rapporto con se stesso; si è costruito una scorza coriacea, pieno di difese e incapace di abbandonarsi, se non nella finzione del set. Nella scena seduti a casa di lui Laura gli chiede se recita o è se stesso e lui le risponde che recitare è qc. di "razionale", come a voler dire che anche in scena da parte di lui non c'è partecipazione emotiva, il controllo e la compassatezza lo rendono impenetrabile, con un Io scarrucolato che non ha un'identità. Il litigio con Laura in automobile evidenzia appunto la natura fragile di lui, malfidato, insicuro, vanitoso, direi finanche arrogante e invidioso di lei, non solo come promettente attrice, ma soprattutto perché LIBERA E INGESTIBILE, non controllabile; lui vorrebbe averla sempre accanto come un narcisista, che non comunica veramente con l'altra, non vuole essere partecipe di un'intima comunione a due e imposta il rapporto, se tale può chiamarsi, con una tacita e latente paratia di esclusione, con rigidità, in cui o Laura si adegua a lui e alla sua depressione di uomo straniero a se stesso, oppure non le rimane che essere cacciata, o si ingloba, si adatta oppure viene respinta. Laura mi sembra troppo arrendevole, pur nella sua dolcezza e disponibilità, poiché proprio mettendosi in discussione sul suo futuro lavorativo, dimostra di non avere interesse né per ruoli né per maschere, è una donna che ha rispetto di se stessa, laddove lui, pur nell'apparente sicurezza di attore affermato, dimostra più volte di essere un uomo che si disprezza, che non si vuole bene e recita per cercare di essere un altro da sé, ma forse neanche lo sa.
Recensioni
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