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La vita è una ferita assurda
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La vita è una ferita assurda - Margo Glantz - copertina
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vita è una ferita assurda

Descrizione


Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce. Questa celebre frase di Pascal modula il romanzo di Margo Glantz come fosse un brano musicale, sottofondo di una veglia funebre affollata e mondana cui partecipa quasi in incognito il violoncellista Nora García, ex moglie del defunto Juan, grande pianista e compositore. Persa tra i volti ipocriti e le voci pettegole dei dolenti, Nora si tuffa in un monologo interiore che le consente di rievocare il rapporto con Juan, confrontarsi con la morte e inseguire la musica che ama: le Variazioni Goldberg suonate da Glenn Gould, la romantica perfezione di Benedetti Michelangeli, la prodigiosa miscela ermafrodita della voce di David Daniels. Ma soprattutto ci parla del cuore, vero fulcro di questa narrazione incantatrice, orologio che misura il nostro tempo corporale e allo stesso tempo ci si presenta come organo del desiderio, forte e terribilmente vulnerabile. Perché la vita, sussurrano le parole di un tango, è una ferita assurda, un precipizio pronto a spalancarsi sotto i nostri piedi ma anche ad offrirci mille occasioni per ricominciare.
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Dettagli

2007
144 p., Brossura
9788809055353

Valutazioni e recensioni

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l'indiscreto
Recensioni: 3/5

insomma e' un raro caso dove si possono perdonare le innumerevoli ripetizioni .... nel complesso un libro di sentimento un po' appiccicoso

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Voce della critica

Quello di Margo Glantz è un nome che non avrebbe bisogno di presentazioni in ambito ispano-americano. La studiosa e scrittrice messicana, di famiglia ebreo russa emigrata in America Latina negli anni venti del secolo scorso, è un personaggio noto nei paesi di lingua spagnola per la sua vivacità intellettuale e l'eterogeneità dei suoi studi. Sulle orme del padre e poeta yiddish Jacobo, protagonista della scena culturale ai tempi di Diego Rivera e Frida Kahlo, anche Margo è oggi un punto di riferimento della vita intellettuale locale, nella sua casa di Coyoacán a Città del Messico, dove si riunisce il fior fiore dell'intellighenzia messicana. Donna coltissima (docente di letterature comparate alla Unam, membro della Academia Mexicana de la Lengua e direttrice di diverse istituzioni culturali) nonché donna di mondo che non nasconde le proprie passioni edonistiche per l'alta moda e per i viaggi, Margo Glantz riunisce, fra un'opera critica e accademica raffinata e un'opera letteraria audace e originale, più di una trentina di titoli che colpiscono per varietà e versatilità.
Fra i suoi studi, da ricordare quelli dedicati a due figure femminili che hanno lasciato il segno nella storia del Messico, quali la Donna Marina o Malinche, amante di Hernán Cortés, e la poetessa barocca Juana Inés de la Cruz, di cui Glantz è stimata fra i massimi esperti. Tuttavia, i suoi interessi spaziano dall'era coloniale a quella contemporanea, e i suoi testi hanno titoli curiosi e accattivanti, come ad esempio De la amorosa inclinación a enredarse en cabellos (1984), che è un saggio raffinato e ludico sul ruolo, reale e metaforico, che hanno avuto i capelli nella storia e nell'arte, oppure Historia de una mujer que caminó por la vida con zapatos de diseñador (2005), che è, invece, un romanzo. Dal 1978, infatti, con la pubblicazione del suo primo testo di finzione dal titolo Las mil y una calorías, novela dietética, Glantz è divenuta autrice di narrativa con temi apparentemente sorprendenti per un'accademica, come nel caso dell'eroticissimo Apariciones (2002). In realtà, c'è una perfetta continuità fra i saggi e la narrativa dell'autrice, poiché in entrambi i casi l'originalità, la trasgressione dei generi e lo scrivere fuori dagli schemi di Glantz spiazzano il lettore, che legge i suoi saggi abbandonandosi al piacere della lettura come se si trattasse di romanzi e trova nell'opera narrativa stimoli intellettuali e rimandi letterari raffinatissimi, com'è il caso di La vita è una ferita assurda, che, con grandissimo ritardo, è il primo libro di Margo Glantz pubblicato in Italia.
Si tratta della condanna subita per anni da opere provenienti dal continente latinoamericano che non rientravano negli orizzonti d'attesa di un lettore avvezzo ai cliché imposti dall'editoria del cosiddetto boom. Finalmente, forse anche a suon di premi (questo testo di Glantz è finalista del Premio Herralde De Novela 2002 e ha vinto l'altrettanto prestigioso Premio Sor Juana Inés de la Cruz 2003), il mercato si rassegna pur con qualche resistenza a riconoscere altre geografie che non siano quella di Macondo e percorsi di scrittura non facilmente etichettabili, appunto, come latinoamericani.
Questo è un romanzo che potrebbe essere stato scritto da un autore o autrice di qualunque nazionalità: si tratta di un'indagine sui sentimenti e sul loro rapporto con il cuore inteso sia in quanto vero e proprio organo fisico, sia in quanto organo metaforico e leitmotivnella letteratura di tutti i tempi. Spunto per queste riflessioni sul cuore è, nel romanzo, la morte per arresto cardiaco di un famoso pianista e compositore vissuta attraverso gli occhi della ex moglie e violoncellista Nora García. È la voce monologante della protagonista ad accompagnare il lettore nel tempo dilatato in cui la donna assiste alla veglia funebre, in un percorso che si snoda fra la descrizione dei personaggi che vi partecipano e una serie di meditazioni sul corpo elevato a spunto di riflessione filosofica (alla maniera di Juana Inés de la Cruz), ma al contempo osservato nei suoi aspetti concreti e con tutti i suoi accessori triviali, ma non secondari, del vestiario (Nora osserva, ad esempio, com'è mal vestita la salma del marito, in vita elegantissimo, o è distratta dalla bocca di un'amica che sembra scomporsi, mentre parla, in un taglio sanguinante).
Mentre si arrovella sui meccanismi del sentire e si domanda se sia possibile esprimere la passione ("Come si fa a distruggere la barriera che il corpo stesso impone? Come riuscirci se il cuore è soltanto un muscolo? Come vedere, toccare quello che sente il cuore?"), Nora si sofferma su memorie di vita spesa insieme all'ex marito all'insegna dell'amore per la musica: storici concerti cui hanno assistito insieme, discussioni di gusto e di tecnica sulle esecuzioni di grandi interpreti come Gould, Richter, Barenboim, Benedetti Michelangeli. È evidente, in ogni caso, come tutte queste divagazioni siano a loro volta un antidoto utilizzato dalla protagonista per arginare il sopravvento dell'emozione dinanzi all'immagine del marito esangue. Il romanzo è, in sostanza, un'anatomia precisa in forma di stream of conciuousness, di quel dilemma espresso nella celebre frase di Pascal ("Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce"), posto dalla necessità di assuefarsi all'idea della morte improvvisa di un essere amato.
La vita è una ferita assurda è, anche, un esempio di perfetto accordo tra forma e contenuto, in quanto la narrazione si sviluppa armonicamente – a ritmo cardiaco o musicale? – intorno a una serie di temi su cui la voce narrante ritorna incessantemente sviscerandoli ogni volta un po' di più, aggiungendovi sfumature, nuove tonalità, proprio come avviene nelle variazioni musicali. I temi sono, schematicamente, il sopraccitato aforisma pascaliano, il dilemma mistico dell'impossibilità di esprimere l'inesprimibile, quello musicale sulla varietà delle interpretazioni di un medesimo brano, quello letterario che sviscera ossessivamente una scena tratta dall'Idiota di Dostoevskij, in cui Nastasja Filippovna, appena uccisa con una pugnalata al cuore, giace riversa mentre il principe Myskin ingaggia con Rogozin una discussione su quanto poco sangue esca dal petto della loro amata.
Come si intuisce, quello di Margo Glantz è un romanzo ad alta densità intertestuale: letteraria, filosofica, musicale. Non a caso porta in lingua originale il titolo di El rastro,nome di un famoso mercato delle pulci in cui si possono trovare accostati oggetti di eterogenea provenienza. Perciò, a nostro sommesso avviso, il titolo scelto per l'edizione italiana, leggermente zuccheroso e sentimentale, pur isolando una frase ricorrente nel testo, rischia di attirare un lettore immeritevole di questa operina colta e sottile, e viceversa. Vittoria Martinetto

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