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Prefazione dell'autore
Forse non dispiacerà al lettore, che gli scrittori un tempo solevano chiamare costantemente benevolo, il conoscere come mi venne l'idea di comporre questo libro.
A Firenze, dove già vissi studente, e ho fatto di poi lunghe dimore, esaminavo, parecchi anni or sono, il carteggio inedito del Redi, che è, come il Chaos d' Ovidio, rudis indigestaque moles; e fin dal principio mi venne vaghezza, per giudicare meglio l'autore del celebre Ditirambo, di conoscere bene i suoi tempi. Le molte ricerche, che mi accadde di fare, mi appassionarono e allontanarono tanto dal mio argomento, che finii col lasciarlo, mio malgrado, da parte, e tutto mi trasferii, con l'immaginazione, in una città ora in parte scomparsa, e tra una gente da più di due secoli discesa nel sepolcro. Tenendo davanti a me un grosso inserto polveroso, o un diario, leggendo un Voyage en Italie del Seicento, osservando una stampa o un quadro rappresentante Firenze Medicea, o costumi del tempo; io dimenticavo i tranvai, che allora erano a cavalli, e gli abiti a coda di rondine, e vivevo in ispirito co' cavalieri, tutti incipriati e in parrucca, e con le dame in parrucchino, mi vedevo d'intorno una folla di servitori con isfarzose livree e di uomini neri, cioè di braccieri vestiti di nero. Tali visioni di erudito dilettante vorrei, se sapessi, ritrarre in queste pagine, e rendere gli aspetti principali della Firenze del Seicento. Ho detto principali; ché la vita di un popolo è cosi molteplice e varia, che riesce ben difficile il descriverla in ogni sua parte. Io mi propongo di abbozzare un quadro, che altri forse un giorno colorirà e finirà meglio di me, e di delinearvi la società fiorentina del secolo XVII, e principalmente quella de' tempi di Ferdinando II, il cui principato non fu del tutto privo di splendore.Questo libro è adunque un saggio nello stretto senso della parola. La vastità e difficoltà del soggetto varranno, spero, a render più mite il giudizio del pubblico sull'opera mia; la quale, se troverà favorevole accoglienza, in una seconda edizione sarà corretta de' difetti, che mi siano cortesemente additati, e forse accresciuta.
Delle fonti da cui ho attinto farò cenno nel capitolo primo; qui non voglio tacere, che ho creduto utile relegare in appendice le note bibliografiche, le quali solo a pochi possono importare. Mi è sembrato anche opportuno riprodurre tre piante di Firenze del secolo XVII e alcune pregevoli incisioni in rame pure contemporanee, la maggior parte rappresentanti feste e spettacoli d'allora.
Prima di far punto, a' miei buoni amici di Firenze, che scorreranno queste pagine, invio di lontano un saluto pieno di dolci ricordi.Gaetano Imbert, Catania, ottobre 1905.
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