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Anno edizione: 2008
Anno edizione: 2008
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Una libro che si legge come un romanzo. La vita di Alfieri lo è stata: tra duelli, tradimenti, cavalcate notturne, viaggi in tutta Europa, scontri con i rivoluzionari. Poi certo l'analisi della sua conversione a grande scrittore, soprattutto di tragedie, lui che aveva studiato male e senza stimoli (imparerà il greco solo verso i cinquant'anni). Personalità passionale e ricca di sfaccettature che anticipa il romanticismo. Mi ha molto colpito anche la stroncatura verso la lingua francese che mal conosceva e lo studio invece del fiorentino, secondo lui unico dialetto italiano degno per scrivere opere, anticipando di oltre cinquant'anni la questione della lingua di Manzoni. Volli sempre volli.
Lettura godibilissima. Il libro meriterebbe una maggiore diffusione. Leggo che a un lettore ha fatto impressione la lucidità con cui Alfieri giudicò la Rivoluzione francese. A me ha colpito la sua descrizione di San Pietroburgo nel 1770, dopo ben otto anni di governo della presunta grande Caterina II: un accampamento di barbari. E questa era di gran lunga la città più avanzata della Russia: figuriamoci il resto. A quell'epoca, ho letto nella splendida "Storia della letteratura russa" di Mirskij, erano più diffusi i libri manoscritti che quelli a stampa. Nel 1770 !
Si consideri l'abisso che si origina paragonando a questo scritto di Alfieri "Vita di Henry Brulard Ricordi d'egotismo" di Stendhal.
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