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Corredato da splendide illustrazioni a colori dell'artista déco George Barbier, questa edizione delle "Vite immaginarie" di Schwob ha riproposto, a quasi cento anni dalla prima uscita, le ventidue esistenze (concrete e magiche insieme, storiche e fantastiche) di uomini e donne trasferiti dalla realtà al mito, e così eternizzati attraverso una scrittura elegante e classica, sobria e intensa, capace di resistere all'usura del tempo. Racconti che contrappongono (come intuisce giustamente Omar Austin nella prefazione) "una sostanziale fedeltà alla tradizione...al gusto di prendere in contropiede l'esattezza storica", perseguendo "l'emblematico e l'irripetibile, un che di astratto e bidimensionale, voluto e consapevole". I personaggi raccontati appartengono per lo più a un passato remoto: Empedocle ("figlio di se stesso"), Erostrato ("iracondo e vergine"), Cratete ("non si curava di nulla"), Lucrezio ("contemplò l'immenso formicolio dell'universo"), Clodia ("bella e ardente"), Petronio ("piccolo, scuro di pelle e guercio da un occhio"). Alcuni sono medievali: Fra Dolcino eretico ("un ignorante mosso dalla violenza"), Cecco Angiolieri ("povero e nudo come il lastricato d'una chiesa"). E poi pittori, soldati, meretrici, attori. Infine protagonisti di fiabe, come Pocahontas ("Aveva il viso assottigliato, zigomi stretti e grandi, dolcissimi occhi"), o diversi terribili e inconcludenti pirati. Raccontandoli, Schwob ci descrive particolari fisici e morali trascurabili, facendoli subito diventare essenziali e rivelatori, riuscendo a fare dell'effimero qualcosa di sostanziale e necessario. I disegni dai colori pastosi di Barbier accompagnano i testi con aderente creatività, con allusiva e discreta ironia. Un libro da conservare gelosamente.
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