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Recensioni Una voce dal profondo

Una voce dal profondo di Paolo Rumiz
Recensioni: 4/5
“Ero figlio di una terra che trema. Le appartenevo e volevo vederci dentro. Entrarci, con la lampada di Aladino.” È una voce rauca, ipnotica, quella che chiama Paolo Rumiz dal fondo di un vulcano spento. Quel suono, simile a un lamento, gli ricorda che c’è una crepa che squarcia l’Italia dalla Sicilia al Friuli: quella dei terremoti. Ed è lungo quella crepa che l’autore decide di camminare, iniziando un viaggio nelle fondamenta del Paese – un inferno di crateri, miniere, linee di faglia e fondali marini che rivelano il rovescio del mondo, della nostra Italia, di noi stessi. Partendo dalla remota isola di Alicudi per risalire fino al Carso, Rumiz dipinge uno sterminato affresco, dove il Terribile della natura diventa la normalità contro la quale attrezzarsi, e non emergenza su cui speculare. Una narrazione visionaria, che raccoglie miti e folklore da Selinunte al santuario di Oropa sulle Alpi, incontrando l’ombra di Grandi Madri, sibille e madonne, e che ha per baricentro Napoli, metropoli sotterranea per eccellenza, dove il confine tra il mondo di sopra e quello di sotto è sottilissimo e le stratificazioni della storia si fanno più vive. È lì che Rumiz, prendendo a piene mani da scienziati, poeti, musicisti e antropologi, approfondisce la sua ricerca e delinea un approccio “geologico” all’identità della nostra nazione. )
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