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Un libro importante per il contenuto inquietante, importante perche' sono le voci di chi e' scomparso per sempre passando da quei camini, la barbarie nazista pretendeva di occultare le prove dei loro inumani crimini invece queste vosi le riportano a galla, episodi agghiaccianti in una realta' inumana creata dall'Uomo per estinguere l'Uuomo. Un libro importantissimo da possedere perche' Auschwitz e' esistito e anche queste testimonianze lo dimostrano senza ombra di dubbio.
Struggente e devastante! Uno dei libri che mi ha fatto davvero venire le lacrime agli occhi (gli altri sono: Niente di nuovo sul fronte occidentale e Da questa parte per il gas)...senza nulla togliere agli altri ma gli scritti di Gradowski sembrano davvero prenderti per mano e trascinarti insieme a lui in quell'abisso di violenza, tristezza e morte! Leggetelo e sappiate che ci sono tanti dementi che negano l'Olocausto...non dico altro
Recensioni
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"Interessatevi a questo documento, poiché contiene un materiale molto importante per la storia". Questa frase semplice e apparentemente presuntuosa, ripetuta in quattro lingue, costituiva l’inizio di un taccuino di un centinaio di pagine ritrovato nel marzo 1945 nei pressi del crematorio III di Birkenau. Questo testo, e altri rintracciati nei terreni circostanti fino al 1980, vennero in parte pubblicati in polacco e poi raccolti a cura del Museo statale di Auschwitz. È il primo di una serie di documenti davvero straordinari, che definire "importanti" per la storia appare ormai non già presuntuoso ma probabilmente riduttivo, e che sulla scorta di una rinnovata edizione tedesca sono adesso disponibili anche in traduzione italiana. Si tratta di testimonianze, diverse per stato di conservazione e modalità del racconto ma simili per ispirazione e tensione, lasciate a futura memoria da alcuni membri del Sonderkommando di Auschwitz consapevoli di essere giunti al termine del loro tragico viaggio. E consapevoli anche di rappresentare, agli occhi della maggioranza dei loro stessi compagni di sventura e presumibilmente ancor più di coloro che sarebbero sopravvissuti, il simbolo di un tradimento e di una viltà forse compresi ma certo non accettati. "Esprima il futuro il suo giudizio su di noi – scrive infatti con lucida coscienza Salmen Gradowski – in base alle mie annotazioni e che possa il mondo dare uno sguardo almeno su una goccia, su un frammento del mondo tragico in cui abbiamo vissuto". Non sono – quelli di Gradowski e dei suoi cinque "colleghi" di cui si sono trovati gli appunti tra i molto più numerosi che lasciarono testimonianza scritta e la sotterrarono con la speranza di venire letti dai posteri – scritti di autogiustificazione, di spiegazione del come e perché finirono e accettarono di svolgere quello che pareva un lavoro ignobile e intollerabile. Sono memorie a tutto campo, che spesso prendono le mosse dalla vita nel ghetto o dal viaggio verso Auschwitz e che gettano squarci nuovi anche se già noti sulla realtà del lager e soprattutto su pensieri, attese, timori e scarse speranze, sorprese e disperazioni che avvolgono in un crescendo drammatico tutti i prigionieri. Ciò che forse contraddistingue le memorie di questi "sommersi" da quelle, più numerose, dei "salvati" che ne scrissero dopo l’inatteso ritorno a casa è un senso quasi naturale di ineluttabilità che rende più scarna e asciutta la scrittura, il senso di urgenza della testimonianza, la certezza che in qualche modo essa verrà trovata e utilizzata e servirà al "mondo pacificato" che seguirà l’orrore indicibile della Shoah. È infatti per lo più a ridosso dell’avanzata degli eserciti alleati, quando la possibilità della sconfitta nazista si fa più certa, che chi è destinato a morire vuole a tutti i costi testimoniare la propria irriducibilità al male. Cercando di organizzare una rivolta anche se con poche possibilità di successo (le pagine sull’organizzazione della rivolta del Sonderkommando, sui preparativi e i ritardi sono ovviamente tra le più interessanti) o lasciando a chi si salverà un "frammento" della tragedia vissuta.
recensioni di Flores, M. L'Indice del 1999, n. 11
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