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Volevo i pantaloni

Dettagli

30
1994
Tascabile
122 p.
9788804388456

Valutazioni e recensioni

4,5/5
Recensioni: 5/5
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davide
Recensioni: 5/5

riletto stanotte, mi piace da morire!!!

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Silvia
Recensioni: 4/5

Gran bel libro. La libertà ha un prezzo, ma forse Angelina l'ha pagata un pò troppo cara. E chissà quante altre Angelina esistono... La cosa più sconcertante è che comunque la storia descritta è terribilmente contemporanea. E' bene soffermarsi a riflettere.

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Felice
Recensioni: 5/5

Un bel libro. Molto scorrevole e, soprattutto nel finale un pò forte. Una descrizione di alcune famiglie siciliane che ancora oggi "rispettano" alcune tradizioni molto antiche. Consiglio soprattutto ai ragazzi di oggi di leggerlo.

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Recensioni

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Voce della critica


(recensione pubblicata per l'edizione del 1989)
recensione di Ottaviano, C., L'Indice 1989, n. 7

È un romanzo che ha già raggiunto i vertici delle classifiche dei libri più venduti, e l'autrice è ormai un personaggio il cui nome rimbalza dalle pagine letterarie a quelle della cronaca, dalla rubriche di corrispondenza con i lettori ai rotocalchi per famiglia. La scrittura, mista qui e là a dialetto colorito, è per lo più piacevole, e la storia non è priva di tensione narrativa. Alcune cadute di gusto ed eclatanti ingenuità si perdonano volentieri pensando ai diciannove anni dell'autrice. Altre cose, invece, sono più difficili da perdonare, per esempio l'ambiguità di una campagna di lancio al cui innegabile successo, che è fuori discussione, hanno concorso tanto la casa editrice quanto la giovane scrittrice.
La prima ambiguità, che va a carico dei redattori della nuova collana intitolata "Originals", è quella di indurre il lettore (e molti recensori) a pensare a questo scritto come ad un'opera autobiografica. Per quanto, sia sempre legittimo e prevedibile, anche per un'autobiografia, il discostarsi da una verità assoluta, necessaria nei tribunali ma non certo nei romanzi, c'è ugualmente in chi legge una sorta di aspettativa di maggiore verità, e in genere c'è anche maggiore rispetto, poi, per chi ha scelto di sottoporre la propria vita, i propri travagli e le proprie sofferenze, al giudizio e agli occhi, non sempre pietosi, degli altri. La storia narrata nelle centoventi pagine del libro è quella di una adolescente siciliana nel suo difficile percorso verso l'affermazione di una identità femminile, un percorso gravemente, e tragicamente, ostacolato da un ambiente familiare contraddistinto da totale ignoranza, estrema indigenza, bestiale ottusità e scellerata violenza. Nessuno si salva e pietà per nessuno. Si tratterebbe insomma di una di quelle tristissime vicende spesso anticamera della prostituzione o di vite non meno marginali. Nel bel libro di Aurelio Grimaldi, "Le buttane" (Boringhieri 1989), molte storie sono simili a questa, anche se in genere le donne che hanno voluto raccontarsi, pur nella tragicità di una vita realmente vissuta, dimostrano una sorta di maggiore "levità" e forse pietà.
Quella di Cardella, e noi siamo contente per lei, per fortuna non è invece una storia autobiografica. Nelle innumerevoli interviste rilasciate la giovane diciannovenne della popolosa cittadina di Licata ha sempre dovuto infatti precisare che in realtà appartiene ad una famiglia benestante, che gode dell'affetto e della stima di genitori a lei solidali, che ama leggere Brancati, che si è un po' stufata di Moravia, mentre le continuano a piacere le parole crociate; va inoltre all'università e non gliel'ha ancora perdonata a quell'insegnante un po' insensibile che poco tollerava le poesie in versi in calce ai compiti in classe di italiano. Se questa grintosa ragazza di buona famiglia ha amicizie e confidenze con le coetanee del sottoproletariato della sua città non sappiamo; per lei, comunque, è importante che nessuno metta in dubbio la verosimiglianza della sua storia: gliene hanno raccontate tante e, come si legge in una delle cento interviste, il prete, a scuola, le ha spiegato che cos'è l'incesto e che in molte famiglie, anche a Licata, trionfa il peccato. Dei tanti orrori descritti qualcuno, poi, lo ha sperimentato di persona: la "sparlata", ovvero il pettegolezzo, male dei più terribili che dice tutto sulla "mentalità siciliana".
Fino a questo punto, niente di male. Lara Cardella, probabilmente in perfetta buona fede, ha dato forma ad una storia che le appariva tanto più vera quanto più era lontana dal suo quotidiano fatto di liceo ed università, di genitori "aperti" e fidanzato affettuoso. Ma, con le solite cento interviste e con la creazione del suo personaggio, ha fatto ancora di più: è riuscita a negare la sua realtà, e cioè quella delle coetanee e dei coetanei che condividono con lei esperienze scolastiche, ceto sociale, abitudini, modi di vita, mode, contraddizioni, omologazioni nazionali aspirazioni, conquiste ormai consolidate, vecchi timori, nuove felicità. È da dire che in tutto ciò è stata notevolmente facilitata. Prima di tutto dalla letteratura (e quindi della produzione cinematografica). I generi esistono, ed esiste un genere "sud", meglio rappresentato dal genere "Sicilia". All'interno dei generi è facile poi ricorrere a repertori fissi: personaggi, immagini, modi, argomenti, caratteristiche, ecc. Più si fa ricorso al genere e al repertorio consolidati dalla tradizione, più tutto diventa prevedibile ed automaticamente più credibile; si fa infatti riferimento a qualcosa che tutti conoscono e che ci si aspetta che sia proprio così.
Ai più il romanzo della Cardella è piaciuto perché era "autentico" e rappresentativo di tutta una società (a scelta: Licata, l'intera isola siciliana, il mezzogiorno d'Italia in blocco o in parte); e lei, l'autrice, si è calata con entusiasmo nel personaggio che a quel punto le era assegnato di diritto: la donna intellettuale messa al bando perché coraggiosamente denunciava verità brucianti. Il libro non era ancora stato distribuito che Lara prevedeva rivolte ed ostracismi, Salman Rushdie era il primo nome che le veniva in mente.
Ed è questo che tinge la vicenda di un che di sgradevole: per vendere, per affermare un'opera letteraria è stato, per l'ennesima volta, necessario creare "il caso", il personaggio, a costo di riaprire polemiche stantie e riaffermare stereotipi che solo un'incallita pigrizia mentale può dare per scontati. Scrivere nel genere "Sicilia" è più che legittimo, giacché c'è anche chi non si stanca di vedere i film sul West con tutte le possibili variazioni sul tema; stabilire che quel genere non può che essere un genere "verità" è invece a questo punto meno tollerabile.
Il libro di Lara Cardella è gradevole, e per essere tale non ha bisogno di essere autentico n‚ rappresentativo di una condizione femminile più generale. Se però si pretende di considerarlo significativo sotto quegli aspetti, allora forse è proprio necessario dire che appare eclatantemente fasullo. Questo, senza fare appello alle centinaia di ragazzina coetanee e compaesane, infastidite dal personaggio, e chissà perché non credute, ma proprio restando alla lettera del romanzo. Qui si fa infatti riferimento alla "moda di Parigi" (chissà quali giornali femminili vengono distribuiti in Sicilia?), a presidi che schiaffeggiano, a madri che sono più spietate della più spietata matrigna delle favole tradizionali, a fazzoletti kleenex conservati misteriosamente nelle casse di corredo e via di questo passo. E poi, come si può pensare che non sia una rappresentazione di maniera quella della ragazzina venuta dal nord, figlia dell'immancabile ingegnere di Milano, che a quindici anni fa sfavillanti feste in casa con decine di uomini, lei, unica reginetta con poche ancelle, vestita in lungo e con ampie scollature? Non saranno, oltre alle parole crociate, un po' troppi i fotoromanzi sfogliati dalla nostra giovane autrice?

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Conosci l'autore

Lara Cardella

1969, Licata (Agrigento)

Lara Cardella è una scrittrice siciliana. A 19 anni pubblica il suo primo romanzo, Volevo i pantaloni (Mondadori 1989), bestseller internazionale, da cui viene tratto anche un film omonimo, con la regia di Maurizio Ponzi. A questo libro fanno seguito altri lavori, editi da Barbera, Mondadori e Rizzoli.

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