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Attingendo agli insegnamenti del passato, la MacMillan ci mostra, con autorevolezza e una straordinaria verve narrativa, i molti volti della guerra, spiegandoci come ha determinato il nostro presente, la nostra visione del mondo e l’idea stessa che abbiamo di noi.
«La guerra non è un’aberrazione, un evento da dimenticare il più in fretta possibile. Né è semplicemente assenza di pace, ossia di normalità. »
Molti di noi hanno l’impressione che, dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi, il mondo abbia vissuto un lungo periodo di pace pressoché ininterrotta. Eppure, in quei decenni non c’è stato un solo momento in cui, in qualche angolo della Terra, non si sia combattuto. La verità è che la guerra ci accompagna sin dai primordi della storia e può essere definita come la più organizzata di tutte le attività umane. Ha plasmato istituzioni, valori, idee, lingue. Ha influenzato l’economia, la scienza, il progresso tecnologico e la ricerca medica. Ha ispirato, nel bene e nel male, poeti, scrittori, drammaturgi, musicisti, pittori e registi. Senza i conflitti armati non avremmo conosciuto la penicillina, l’emancipazione femminile, i radar o i missili. Considerata per millenni un elemento ineliminabile della vita dell’uomo, solo a seguito dei due conflitti mondiali la guerra è stata unanimemente bollata come il male assoluto. Oggi, come ci ricorda Margaret MacMillan, «non prendiamo la guerra abbastanza sul serio. Preferiamo distogliere lo sguardo da un tema spesso tetro e deprimente, ma è un errore». Attraverso un viaggio lungo millenni, che parte dall’aggressività dei nostri antenati preistorici e arriva fino ad Al Qaeda, l’autrice ci racconta perché la guerra è un orizzonte inevitabile per le comunità umane. E tenta di rispondere alle domande che da sempre si pongono storici e filosofi: a quale momento nello sviluppo dell’umanità risalgono i primi scontri organizzati? È la natura umana che ci condanna a combatterci l’un l’altro? Riusciremo a liberarci totalmente dalla guerra?Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
La guerrà è una tra le attività più indissolubilmente legate all'uomo. Da questo assunto parte questo bel saggio che scompone i vari elementi di questa interazione; le ragioni, gli strumenti, i valori, gli attori, le regole. Nasce da avidità, esigenza di autodifesa e ideologie la necessità della guerra: un’attività che per tutto il corso della storia ha rappresentato lo sforzo finanziario, organizzativo e sanitario maggiore delle nazioni. E’ dunque enorme il suo impatto sulle società, dallo sviluppo tecnologico, al primo accesso di intere categorie (non ultime le donne) al mondo del lavoro, all'approfondire il contatto tra classi e genti diverse. L'autrice ci racconta come, a partire dall'ottocento, i nazionalismi e lo sviluppo tecnologico abbiano portato un’attività da specialisti a divenire totale. Si parla dell'essere soldati, della disciplina per uccidere, della strana bellezza della guerra, uno dei passaggi più provocatori e affascinanti. Il racconto della guerra è sempre stato celebrativo o di condanna, pochi hanno saputo o potuto raccontare di come quella vita semplice, senza alternative, di eccitazione e cameratismo plasmi le vite. Come diceva il generale Lee "che la guerra sia così terribile è un bene, altrimenti ci piacerebbe troppo". In chiusura l'autrice lancia un monito: la Prima guerra mondiale scoppiò dopo decenni di pace; in quel lungo periodo, l'Europa sull'orlo del baratro aveva cominciato a maturare l'idea che la guerra fosse un'attività ormai obsoleta, in uso presso società non civilizzate. Allora il mondo dei grandi imperi stava finendo e questo fece accendere la miccia. Le cività occidentali vivono una pace domestica da quasi ottant'anni, ma gli equilibri stanno cambiando velocemente così come la tecnologia militare. Giusto dunque interrogarsi su questa attività così vicina all'uomo e così capace di determinarne la fine
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