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Un orologiaio promette al figlio che a fine giornata vedrà la sua creazione più bella, un orologio che si concretizza per magia davanti agli occhi del bambino, trasformando il negozio in un tempio. Appare un piccolo organo barocco, le cui canne sprigionano il corale "che nota dopo nota va scalando tutte le armonie" per rendere omaggio al giorno trascorso prima che sprofondi nella tomba della notte. Oltre che ne L'orologiaio, anche in altri racconti affiora lo stupore per macchinari che imitano gli ingranaggi del corpo umano e trasformano l'aria in suoni, come l'organo meccanico visto dalla prospettiva di un bambino sgomento (Un fanciullo piange). La minuzia delle descrizioni si deve al fatto che, oltre che scrittore, il tedesco Hans Henny Jahnn (1894-1959), vissuto in Norvegia dal 1915, rientrato in Germania ed emigrato in Danimarca durante il nazismo, era inventore, costruttore e restauratore di organi, nonché drammaturgo e editore di musica per la Ugrino Verlag, che prese nome dalla comunità di artisti vagheggiata insieme all'amato Gottlieb Harms. D'altra parte nella vita di Jahnn scrittura e musica erano inseparabili, un po' come per Robert Schumann e Ernst Theodor Amadeus Hoffmann. In lui però la componente romantica di una scrittura che cerca di afferrare la musica si unisce a torsioni sperimentali alla Joyce, mentre l'angoscia esistenziale assume tinte espressioniste.
Veri racconti non sono, questi, ma pagine cavate da opere maggiori: Perrudja (1919) e l'incompiuta opera-mondo Fluss ohne Ufer ("Fiume senza rive"), entrambe mai pubblicate in Italia. Per questo è meritoria e coraggiosa la scelta di tradurre la silloge, curata dallo stesso scrittore nel 1954, che offre una scelta di temi calati in atmosfere da saga nordica o fiaba orientale, in un clima allucinato che fa pensare a certi apologhi kafkiani: il doppio, il rapporto servo-padrone, l'incesto, il disfacimento di un corpo amato. L'amore omosessuale ritorna in due testi interessanti anche per l'epoca e il contesto in cui furono scritti, Il tuffatore e I mangiatori di marmellata, oltre che nelle descrizioni di corpi maschili disseminate in altri racconti. Nel primo, il narratore è affascinato dal corpo di un ragazzino morto, consegnato alle grinfie di un medico inquietante. Questa sorta di furiosa adorazione richiama l'intreccio di mito e autobiografia di Fluss ohne Ufer, dove la morte e l'imbalsamazione del compagno riscrivono la leggenda di Gilgamesh e Enkidu, una delle narrazioni di riferimento per la cultura omosessuale, analizzata da David M. Halperin in One Hundred Years of Homosexuality (Routledge, 1990).
Ancor più pregnante, il tema dello sguardo. L'intensità dello sguardo sul corpo maschile accende pagine che spiccano con la forza di una ribellione, rispetto agli assunti nichilisti che i personaggi esprimono nei gesti e nelle parole, come ne I mangiatori di marmellata, in cui una donna sola, confinata in casa, osserva il corpo del lattaio e del garzone del pane con un desiderio che moltiplica la capacità di percezione. Le sei righe più erotiche della raccolta sono dedicate al garzone del pane, che per vocazione salva i matrimoni altrui dal naufragio, accoppiandosi con le clienti trascurate dai mariti in cambio di cibo. "Lo sguardo di una donna insoddisfatta è per me intollerabile", dice per giustificare una vita che, secondo Harald, figlio dell'insoddisfatta di turno, conferma la teoria comunista della collettività dell'amore. Ancor più disperato è il desiderio con cui la donna osserva le ginocchia del figlio sprofondato nel sonno, nelle quali confluisce la bellezza di un corpo sgraziato. "Non ci si soddisfa con gli occhi", la aggredisce lui, in una scena cruda e bellissima in cui passa il soffio dell'incesto. Poi la madre invita il garzone timido e l'assatanato, insieme alla sua moglie bambina, a una merenda innaffiata dal vino, che diventa una scena senza senso, prova "della follia della creazione". Colpo di coda è la schiarita finale, dopo la violenza e il senso di soffocamento che circolano in questa come nelle altre storie, la cui prosa, tradotta con scioltezza, è davvero inospitale per un lettore in cerca di consolazione. La traccia, un semplice accenno, è quella di assumere serenamente una sessualità dal respiro panico, innocente. Il garzone timido lascia la casa e le coppie novelle impegnate ad amarsi. Si fa trascinare dalla folla, incontra un ragazzo, i due si piacciono, si scoprono simili, mangiano un gelato, si perdono nel bosco e decidono di andare a uomini. Nell'ultima immagine accerchiano un ragazzino spaurito e se lo rimorchiano con leggerezza.
Marco Emanuele
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