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Nei giorni caotici della nostra ritirata di Caporetto erano ben pochi quelli disposti a scommettere su una rivincita dell’esercito italiano: troppi i nostri militari caduti prigionieri, notevoli le perdite negli armamenti, in particolare nelle artiglierie, consistenti, per non chiamarle cospicue, le quantità dei generi alimentari cadute in mano al nemico. Soprattutto, i timori maggiori venivano dal profondo stato di sconcerto e di sconforto delle nostre truppe. Arretrarono fino al Piave, la linea di estrema difesa, ma sarebbero riusciti i nostri militi a fermare il nemico incalzante? Contrariamente a tante paure, a una quasi rassegnazione all’inevitabile, avvenne il miracolo. Quei soldati, fino a pochi giorni prima demotivati, stanchi, affranti, strinsero i denti e si batterono come leoni, inchiodando gli austriaci sulla sponda sinistra. Più che da un desiderio di riscatto erano mossi dalla certezza che senza uno sforzo immane il nostro paese, e così le loro case, i loro familiari, le loro attività sarebbero cadute in mano al nemico. A ciò aggiungasi che un previdente intuito del generale Cadorna, sorto dopo l’arresto nel 1916 della famosa Strafexpedition, aveva portato a fortificare quel bastione naturale che era il Monte Grappa, con la costruzione anche di una strada lunga una trentina di chilometri, sebbene larga solo tre metri. In quei primi giorni del novembre 2017 e fino a tutto il dicembre dello stesso anno lì si decisero le sorti della guerra, che nel 1918 fu ancora sanguinosa, soprattutto nella famosa battaglia del solstizio, l’ultimo disperato tentativo degli austriaci di sfondare le nostre linee e di dare una svolta al conflitto. Non ci riuscirono, li respingemmo e quindi la vittoria arrise a noi, vittoria che più tardi divenne definitiva a Vittorio Veneto. Si tratta di un’opera di estremo interesse, con il supporto di una bibliografia di storici di comprovata capacità e serietà. Appare evidente, quindi, che la lettura è senz’altro consigliata.
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