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Anno edizione: 2021
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«Keats è da tasca, dove si mettono le cose che contano, le mani, i soldi, il fazzoletto. Una tasca è la casa essenziale che l'uomo porta sempre con sé; occorre scegliere ciò che è imprescindibile, e solo un poeta vi può entrare.»
A passeggio con John Keats è l'opera più misteriosa di Julio Cortázar: scritto in solitudine a Buenos Aires all'inizio degli anni Cinquanta e pubblicato volutamente postumo come omaggio a un poeta che, scomparso giovanissimo, solo dopo la morte ottenne la sua consacrazione, è un libro talmente ricco da sfuggire a ogni catalogazione. È sia un saggio, un acutissimo esercizio di critica letteraria – perché solo un poeta può arrivare al cuore vivo e pulsante della poesia di un altro poeta e scriverne senza ridurlo a nozionismo da accademia –, sia un romanzo, la storia di un personaggio di nome Julio Cortázar che, chiuso nella sua stanza, all'ultimo piano di un palazzo di calle Lavalle, a Buenos Aires, notte dopo notte scrive di Keats, e intanto pensa, divaga, ricorda, compilando a margine del suo libro una sorta di zibaldone. È un'opera-mondo: al centro c'è Keats, la sua vita e la sua poesia, ma ci sono anche Buenos Aires, i profumi e le luci della metropoli argentina e le vastità buie e sterminate della pampa oltre i suoi confini, e i poeti amici di Cortázar, i loro versi e le loro discussioni alle tre di notte, avvolti dal fumo delle sigarette e dall'odore del caffè. C'è l'Italia, ci sono Roma, Siena, Venezia, ma anche Genova e Napoli, perché pochi sono riusciti a catturarne l'essenza – i silenzi delle campagne, perché «tutta l'Italia è silenziosa», i colori delle stagioni, l'odore dei vini – come fece Cortázar nei suoi viaggi giovanili, così simili a quelli di Keats attraverso la Scozia. E c'è l'amore, quello che Cortázar scopre quando comincia a leggere le lettere tra John e Fanny Brawn. Il risultato è un'opera fondamentale su Keats ma anche un libro-rivelazione su Cortázar, perché troppo precisa e forte è la sensazione che, scrivendo del poeta inglese, l'argentino stia anche delineando un proprio alter ego con il quale, al netto dell'oceano che divide Buenos Aires e Londra, condivide una certa idea della vita, della scrittura e della missione poetica.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Sìiiiii!, sono pedantissima: "Il disordine non cercato ma neppure aborrito che ci sarà in questo libro deriva, da un lato, dal fatto che un materiale variegatissimo attende il suo turno, il ricordo o la causalità per infiltrarsi, e, dall'altro, dal fatto che mi diverte di più scrivere quando ho voglia di farlo. [...] Insomma, mi succede che tra tutto questo non mi posso rassegnare a mettere ogni cosa al suo posto per poi, retorica alla mano, comporre il volume. Non si può prima passeggiare poi godere del paesaggio o viceversa. Cerco cose, ne ricordo altre, torno alle poesie, e inoltre vado e vengo, voglio, gioco, lavoro, spero, mi tiro, vaglio. E tutto fa parte di Keats, perché non scriverò su di lui ma camminerò al suo fianco e, finalmente, farò di ciò un diario". Lo sapete com'è Cortázar; a lui piace giocare con la letteratura, e nel farlo mi ha appiccicato addosso la voglia di conoscere anche un poeta che non avevo mai cercato. È veramente un mago; e gli dai retta pure nei suoi capricci, perché il suo modo di fare e di parlare di letteratura affascina ed è unico e irripetibile. Questo è un testo impegnativo, fluviale ed erudito; è una critica letteraria di alto livello, un appassionato omaggio di uno studioso esperto e illuminato; il dono di un poeta ad un altro poeta, nonché un profondo pensiero su se stesso di cui, se proprio tutto non si riesce ad assorbire, molto si può, si deve rubare e farlo proprio. Come faccio mia (ennesima citazione, ennesimo furto!;-) la significativa chiusa al commento al libro di un amico lettore: "Chi non legge Cortázar, dice Neruda, è spacciato. Meglio non correre rischi. Ma il rischio è quello che, sotto i colpi di Julio, voi vi innamoriate di Keats". - In punta di piedi stavo su una piccola collina/ Sonno e poesia/ "E con ciò, libriccino, apriti ai giochi..."
Inizio a stentare una credibile recensione sapendo già che ogni sillaba sfiorerà si e no un miserabile centesimo della meraviglia di cui è intriso il libro. Si danno esperienze simili quando l'avorio della grandezza poetica (o artistica) penetra senza tremori nella buia fede di un lettore e sigilla di conferma quegli attimi come salvassero l'intera vita. Ecco cosa sento di urlare e nemmeno ho finito il libro, ma non ce n'è bisogno quando si avverte presto che le mani che ti guidano sono quelle di un uomo dalla parola sicura, dalla coscienza onesta, dal senno immenso. A tratti ho intravisto Keats come il dorato trampolino dal quale Cortazar ha eseguito volteggi sulla sua stessa vita; riflesso commosso, baluginio delle sue ansie, dei suoi spettri, l'offesa e il dono d'essere nati non per battere le ali in uno sforzo goffo, ma per volare a pieno fiato sopra le grigie coltri delle amarezze umane. Forse un diario, con pagine all'apparenza libere e senza nessun corso lungo capitoli aperti a un irrisolto che è poi la cifra di chi si confessa, di chi vaga e barcolla nella selva del proprio sogno. Strepitose quelle di "Istantanea di un poeta", da ricopiare e mandare a memoria tanto è cristallino e sincero l'autore nel suo scendere come nessuno nell'umano segreto della poesia. Forse un poema in prosa, smisuratamente lucido e perso nel suo inseguire la coda delle muse, le ciglia inquiete dell'ispirazione, il senso e la magia di un cosmo supremo che è poi la storia della parola incarnata fino in fondo. Un Cortazar fluviale e straordinario ritratto nella sua candida e giocosa erudizione, nelle pieghe della sua intimità più scoperta, in una giostra di ricordi e di agganci ad altri destini e altri fiati. La storia del suo io e del suo aver sempre creduto che vita e letteratura fossero (e sono) la stessa cosa, un unico gesto e un'unica traccia del sentire assoluto di un poeta, di uno scrittore. Qui come in nessun altro suo lavoro questo credo convinto tocca la sua perfezione.
Recensioni
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