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Questa signora aquilana dovrebbe fare la poetessa, perché la sua prosa è troppo carica, con termini difficili, a volte arcaici, ma comunque belli, notevoli. La scrittura non scorre, e a tratti risulta di difficile comprensione. Visti gli anni il cui il romanzo è stato scritto, l’autrice risulta veramente spregiudicata. La conclusione riesce a rendere improvvisamente simpatica la protagonista del romanzo a sfondo erotico, una persona francamente scostante, e anche un po’ istericuccia, anche perché la “pena” è veramente sproporzionata rispetto alle “colpe”. Ma rispecchia la morale di quegli anni. Sono orgoglioso di questa illustre concittadina che non conoscevo. Da leggere.
Recensioni
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Nella sua carriera letteraria, Laudomia Bonanni, nata nel 1907 all’Aquila, insegnante di scuola elementare e consulente presso il Tribunale minorile della sua città, ottenne numerosi riconoscimenti: il premio Bagutta opera prima per il libro d’esordio Il fosso (1950) e poi negli anni sessanta il premio Viareggio e Campiello, ma quando morì, nel 2002, era pressoché dimenticata. Viene ora ripubblicato uno dei suoi romanzi più intensi, L’adultera, che, uscito per la prima volta da Bompiani nel 1964, le valse il premio Campiello. Argomento sempre attraente e fertile di sviluppi, l’adulterio, soprattutto per gli scrittori, ma qui l’autrice preferisce prestare attenzione al contesto sociale. In quei primi anni sessanta, l’adulterio femminile era reato da perseguire legalmente. Nel romanzo questo clima di condanna proietta i suoi riverberi in un episodio particolare, allorché, derubata sul treno che da Milano la sta conducendo a Roma, la protagonista si rifiuta di sporgere denuncia, quasi in un superstizioso timore che i poliziotti possano in qualche modo capire che la finalità del suo viaggio non è esclusivamente di lavoro. Si sbaglierebbe però a ritenere Linda una donna fragile e spaurita; fin dalle prime sequenze, attraverso la sicurezza dei gesti e delle intenzioni, si palesa come donna consapevole della propria fisicità al di là dell’innamoramento, mantiene uno sguardo limpido sugli uomini, “questi tipi che pretendono di farti bovarineggiare e ti condurrebbero alle estreme conseguenze”; proprio per questo l’inaspettato epilogo viene ad acquistare il sapore di una beffa. Una felice riscoperta, questo romanzo, e un’autentica sorpresa per chi non l’ha ancora letto, sia per l’incisivo e memorabile ritratto di donna, sia per il peculiare tono narrativo che è come un filo elettrico ad alta tensione.
Recensione di Maria Vittoria Vittori.
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