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Esce di mano a lui che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
che piangendo e ridendo pargoleggia,
l'anima semplicetta che sa nulla
(Divina Commedia, Purgatorio, canto 16, 83-86)
Insolitamente, dai primi di dicembre 2012 a tutto gennaio 2013 mi sono ritrovata a frequentare facebook ogni santa mattina per leggere la Fanciulla del giorno. Pensavo che Cetta le sfornasse la notte, come le sue famose torte, e attendesse giorno per offrirle agli amici. Le Fanciulle arrivano nuove e diverse e uguali: puntate di un quotidiano, prezioso feuilleton.
Ora le Fanciulle, riunite insieme tutte e quarantasette, sono un libro. Va subito detto che hanno sessant’anni, e può sembrare curioso che siano ancora fanciulle, dal momento che “fanciulla” viene da “fan(ti)cella”, rimanda ad una età, come dicono i dizionari, tra i sei e i dodici anni. Eppure di quella infantile età, della loro infantilità le Fanciulle non solo non si vergognano, ma sembrano essere contente, attraversano gioiosamente fanciullezza, ne esplorano con curiosità e stupore ogni angolo ed emozione. Quella infantile età è l’ “epoca” del titolo del libro, e di ogni capitolo. “Epoca” nel greco antico da cui deriva significa “sospensione, fermata”: ed effettivamente il tempo in cui le Fanciulle agiscono è un tempo fermo, sospeso, che rimanda a passati vissuti e non vissuti e a futuri sognati in provincia di Fiaba.
Le Fanciulle si offrono allo sguardo del lettore in ogni loro declinazione, smarrimento, congiunzione, ritrovamento. Ma, attenzione!, solo una per volta, che ognuna ha la sua parte da giocare. A sostenerle nel loro errare e ristare è il vento della scrittura: una scrittura trascinante, un flusso a lingua sciolta, che si cita e ripete senza pentimenti, che non stacca, intere pagine senza virgole, senza punto. Poi ci sono momenti in cui le frasi diventano brevi e asseverative, e gli a capo continui. Una lingua comunque sempre molto fisica, concreta, persino tattile: piena di odori, rumori, sapori. Umida di desiderio, seccata dal dolore, che in ogni momento si fa corpo: “[…] si era andata tutta costruendo con le parole come fosse andata da un’estetista si era fatta bella di parole che le parole avevano formato il suo corpo che lei il suo corpo non lo voleva narrare lo voleva solo scrivere lentamente […]” (p. 103). La carne, la pancia, il pube, il seno, le mani: nessuna angelicatura, le Fanciulle vanno sul concreto: “valige e abitudini colazioni di caffè e litigate tepori mattutini e voci assonnate pastasciutte scolate e vapori di brodo mani in librerie mai frequentate deodoranti creme saponette tavolette alzate serrande rotte ascensori fermi perfino condomini diversi”(p. 45).
Infine, questo libro è anche, sicuramente, un poema sulla vecchiaia, su “tutto l’abbandonato della vita che era corsa avanti senza la fanciulla” (p.40). Non a caso, in epigrafe al libro il verso di Elio Pagliarani (gran mago, lui!) dice: “Quanto di morte noi circonda e quanto / tocca mutarne in vita per esistere”. “Mutazione in vita” che Cetta, con la sua voce di donna-fanciulla, mette in scena con grande sapienza.
Recensione di Franca Rovigatti.
Leggi la Recensione completa su Alfabeta2.it
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