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Una scoperta, poche pagine da leggere riflettendo sull'amicizia.
Bruno Moroncini, ordinario di Antropologia a Salerno, medita con questo libriccino non tanto sull'essenza dell'amicizia, quanto su un filosofo - Maurice Blanchot-, sulle sue corrispondenze di pensiero, su un periodo gravido di intuizioni teoriche, sul circolo di intellettuali francesi che dagli anni tragici della resistenza fino al 68 (attraverso la rivoluzione algerina e la guerra fredda) dominò la riflessione e la ricerca intellettuale mondiale. I nomi che si rincorrono sono quelli prestigiosi di Drieu la Rochelle, Mascolo, Derrida, Lévinas, Antelme, Marguerite Dumas, Bataille, René Char: in un rapporto di vicendevole considerazione, tutta giocata tra " reciprocità e asimmetria, uguaglianza e differenza". Questi amici "non si danno del tu. Essi sono al contrario discreti, rispettano nell'altro l'alterità, l'irriducibilità allo stesso, mantengono le distanze e si danno del lei". Ecco che allora il philos diventa anche xenos, il proprio simile ma insieme l'assolutamente differente, in una relazione arricchente proprio perché non omologa e non onnivora. Al suo interno si situa la speculazione sulla morte, "come destino e orizzonte comuni...e come avvenire singolare ed esclusivo". La consapevolezza che "le cose nel loro fondo siano senza uscita", accompagnate dalla perdita di senso e della irreversibilità, dalla percezione del "disastro", non solo politico e storico, ma anche ontologico: " rottura dell'unità del mondo, deflagrazione cosmica". Per questo l'apparizione dell'amicizia, nelle sue dimensioni dell'incontro e del rischio, del legame e della relazione, offre una possibilità di salvezza cui aggrapparsi: purché si preservi in essa un doppio movimento. Di vicinanza e allontanamento, di familiarità e estraneità, di "tu" e di "lei".
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