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paperback 228 9788842045212 Buono (Good) Libro usato proveniente da collezione privata.La copertina riporta piccole tracce d'uso. Le pagine risultano imbrunite dal tempo. All'interno in ottime condizioni..
scheda di Di Francesco, M., L'Indice 1995, n. 2
La recente scomparsa di Paul Feyerabend priva la scena filosofica mondiale di uno dei personaggi più significativi, dissacranti e stimolanti e la pubblicazione da parte dell'editore Laterza della sua autobiografia rappresenta quindi un opportuno omaggio a un pensatore discusso e discutibile, ma mai banale. Il testo, edito anche grazie alla collaborazione di Grazia Borrini Feyerabend, copre tutto l'arco della vita dell'autore di "Contro il metodo" e in esso Feyerabend cerca di spiegarci come gli sia "capitato" di vivere, un po' per caso, una vita straordinariamente ricca di avvenimenti, di incontri, di successi, senza mai abbandonare una visione un po' stupita e ingenua del mondo. Non sempre il tono letterario è all'altezza delle intenzioni (poche cose sono più complicate della semplicità e anche l'immediatezza richiede i suoi artifici retorici); è difficile tuttavia non apprezzare l'aspirazione alla sincerità dell'autore, che racconta senza infingimenti anche gli aspetti meno noti e più complessi della sua esistenza. Sul piano filosofico, il capitolo più interessante è quello dedicato a "Contro il metodo", ma stimolanti e divertenti sono le continue polemiche contro tutte le ortodossie, da quella popperiana, a quella del neo-femminismo, nelle quali il raffinato anti-intellettualismo di questo maestro di libertà dà probabilmente il meglio di sé.
recensione di Sparzani, A., L'Indice 1995, n. 6
Non poche sono le vibrazioni inquietanti che riesce a trasmettere Feyerabend ripercorrendo i variopinti e disordinati ricordi della sua vita, dalla sua freddezza alla notizia del suicidio della madre, alla sua appartenenza alle SS e, aggiungerei, alla freddezza con cui questi fatti vengono enunciati. Ma ciò che colpisce, in tutto il volume, che si legge peraltro con grande piacere e curiosità, è la lucidità e schiettezza con cui una serie di dettagli viene fornita a proposito di tanti aspetti, privati e non, della sua vita.
Non si tratta infatti - fortunatamente - di un'autobiografia intellettuale-scientifica (operazione questa che difficilmente si sottrae al rischio di essere una ricostruzione razionale senz'anima e senza verità) nella quale vengano analizzate evoluzioni e controversie epistemologiche con ricchezza di notizie e dovizia di sfumature, piuttosto di uno stringato repertorio di fatti e - anche - emozioni, assai utile per disegnare un quadro complessivo di una non banale esistenza. Si potrebbe anzi qui formulare la speranza che proprio un tal genere di autobiografia invogli chi ancora non l'abbia fatto ad andar a leggere qualcuna delle opere più note (prima tra tutte "Contro il metodo", ma anche "La scienza in una società libera" e il più recente "Addio alla ragione").
Fin da piccolo, Feyerabend ebbe modo di osservare il mondo, visto che la madre, che doveva pur occuparsi delle faccende domestiche, per tenerlo fermo spingeva una panca contro la finestra e lo assicurava all'intelaiatura, "là pendevo come un ragno e guardavo il mondo... Una volta a settimana un gruppo di maiali veniva portato dal macellaio nella casa di fronte. Il venerdì gli operai ricevevano la paga, andavano al bar del quartiere e si sbronzavano. Fra le due e le tre del mattino (a quell'ora ero a letto, ma il baccano ci svegliava tutti quanti) le loro mogli uscivano a cercarli e li riportavano a casa. Era uno spettacolo notevole, donnone che sollevavano gli uomini per il colletto urlando con voce roboante: 'Sacco di merda! Fannullone! Rotto in culo! Dove sono i soldi...' ... Dentro, le mogli picchiavano i mariti (e viceversa), i genitori picchiavano i figli (e viceversa), i vicini si picchiavano tra loro". Non solo oggi i bambini imparano presto.
Dopodiché, una quantità di fatti della sua vita vengono elencati - spesso in modo puramente paratattico - senza espliciti riferimenti a finalità complessive. Un primo indizio cosciente di una delle molle psicologiche che - localmente - spingerà Feyerabend in tutte le sue attività, accademiche e non, lo troviamo quando egli stesso si chiede cosa mai lo avrà spinto a leggere ad alta voce alla sua famiglia il "Mein Kampf" (egli aveva, nel 1938, l'anno dell'Anschlu , quattordici anni) e soprattutto a "concludere un suo tema scolastico su Goethe legandolo a Hitler"; la sua risposta a posteriori è: "Presumo sia stata la tendenza (presente tuttora in me) ad assumere strani punti di vista e spingerli all'estremo"; e poche righe dopo, partendo del suo servizio militare nell'esercito del III Reich, in Francia, "Più o meno in quel periodo meditavo anche di entrare nelle SS. Perché? Perché un uomo delle SS aveva un aspetto migliore, parlava meglio e camminava meglio di un comune mortale: le ragioni erano estetiche, non ideologiche".
Un altro tema prediletto è quello dell'arte che si pratica col corpo e con la voce: il canto, soprattutto, fu per Feyerabend un elemento di vita e di vitalità di insospettato rilievo. Meno modesto egli è per quel che riguarda la sua voce che per quel che riguarda la propria professione di filosofo della scienza: "Per chi conosce solamente i piaceri intellettuali è difficile immaginare quale soddisfazione deriva dall'uso di una voce ben allenata che è forte e bella ad un tempo... Quando ero al massimo della forma potevo fare qualunque cosa con la mia voce: potevo farla uscire, governarla dall'interno, produrre il più lievi dei pianissimo e alzare progressivamente il volume senza avvertire l'approssimarsi di alcun limite. Cantare mi dava una sensazione di grande forza". La sua pratica e memoria di opere liriche, cantanti e teatri appare insolitamente ampia, e non v'è dubbio che a questo universo Feyerabend abbia dedicato energie paragonabili a quelle che profuse nella filosofia e nella fisica; negli anni postbellici ebbe anche un incontro con Brecht (durante le prove di "Madre coraggio") il quale, a detta di Walter Hollitscher, l'amico comune che fu tramite dell'incontro, era pronto a prendere Feyerabend come assistente di produzione a Berlino; ma la scelta, di cui poi ebbe talvolta a pentirsi, fu di rimanere a Vienna e di lasciar perdere.
È la stessa memoria che gli consente di argomentare, nei suoi libri più rilevanti, le tesi sull'evoluzione della scienza (ma anche - ad esempio - della pittura nella Grecia antica, cfr. cap. XVIII di "Contro il metodo"), sull'incommensurabilità delle teorie, e sull'irrazionalità del razionalismo con vera competenza specifica e grande abbondanza di materiale documentario, primario e secondario; sempre naturalmente con quel gusto di "assumere strani punti di vista e spingerli all'estremo" già presente nell'adolescenza. Non riusciamo qui a omettere un riferimento alle ultime pagine del libro che perdono, come d'incanto, l'(apparente?) freddezza di altri luoghi, che si scioglie nell'accenno discreto ma commovente al suo ultimo matrimonio con una donna italiana per la quale Feyerabend esprime sentimenti assai intensi, con parole che hanno un non dubbio tono di sincerità. Durante i suoi ultimi mesi Feyerabend (scomparso nel febbraio 1994) aveva ultimato questa autobiografia, aveva in progetto altri libri, ma cercava e trovava una tranquillità che mai aveva gustato. La coscienza del male che lo minacciava non gli impedì, a quanto sembra, di mantenerla e di consegnarci il volume con le parole "ecco ciò che vorrei, che a sopravvivere non fosse niente di intellettuale, solo amore".
Pregio di quest'edizione Laterza, per altri versi un po' carente (niente indice analitico, niente bibliografia dell'autore, ecc.), al pari di qualche edizione precedente di opere di Feyerabend (ad esempio "Dialoghi sulla conoscenza", 1991) è il repertorio di fotografie (quasi una ventina) curato dalla moglie, che conclude il volume. Esse spaziano su tutta la vita di Feyerabend (tra le varie inquietudini di cui si diceva, l'ultima è forse quella offerta dalla fotografia della madre) e ne dànno una non secondaria testimonianza.
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