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Anno edizione: 2000
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Il titolo, flagrantemente kleistiano, vuole essere un omaggio al grande scrittore tedesco, inventore di una lingua che per spessore e capacità espressive, al tempo stesso per incisività, nel suo paese restò insuperata. La storia è di ambiente mantovano, un adulterio pensato più che realizzato in un contesto di rivalità femminili e situato nella Mantova degli anni posteriori all'Unità. Come già in un precedente racconto, Ciò che vide il Matt Cussi, ristampato in questo volume con qualche variante rispetto alla prima edizione, l'azione è costituita dall'arrivo in un ambiente chiuso, quello della borghesia provinciale, di un personaggio esterno la cui presenza altera gli equilibri: mettendo in moto sentimenti che, come in ogni contesto borghese, diventano molle di azioni incotrollabili. Nel contesto che da Coen qui ci è presentato il denaro, per alcuni metafora delle deiezioni umane, per altri segno del favore di Dio, condiziona le relazioni sentimentali, creando false prospettive, dirottamenti, piani inclinati. Per il suo legame intimo, viscerale, con i personaggi, sarà coinvolto nella girandola dei sentimenti lo stesso narratore, maschera di Coen ma non necessariamente Coen. Sicchè la storia più che risolversi si complica, sfocia in domande più che in risposte. Di tutt'altro impianto il Matt Cussi, ambientato negli anni della dittatura e dell'emergenza e centrato sullo scarto tra provincialismo e grettezze mercantili, da un lato, e una visione più alta del reale, insieme colta e spirituale, dall'altro. Il rabbino venuto da lontano in una città che è sempre Mantova, anche se non è mai nominata, non riesce a convincere i suoi correligionari di ciò che egli sa sta per accadere, parla una lingua di cui nessuno prende sul serio le profezie.
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