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Un’opera senza dubbio interessante che cerca a tutto campo di comprendere le ragione dell’aggressività maligna andando oltre il modello psicoanalitico freudiano. L’errore fondamentale dei vari studiosi è di non distinguere l’aggressività benigna da quella maligna. Quella benigna è un istinto filogeneticamente determinato similmente agli altri animali, in vista della sopravvivenza, ed è una reazione stabile (di fuga e di attacco) agli stimoli negativi. L’aggressività maligna, invece, non è innata, è una costellazione di passioni che affondano loro radici nel carattere, che a sua volta è espressivo di esigenze esistenziali. Su questo punto occorre maggiore attenzione. La natura umana è tutta particolare, essendo corredata da una bassa disposizione istintiva e un elevato sviluppo del cervello-pensiero. Queste due condizione rendono la natura umana in contraddizione con se stessa: è dentro e al di fuori della natura, non è radicata anche se cerca una radice del suo essere, è alla ricerca di un senso ma non lo trova nei dati sensibili, vuole realizzarsi ma in un modo che va al di là delle semplici stimolazioni, e cerca una libertà che al tempo stesso deve essere riconosciuta e solidale. Da queste esigenze e da come vengono soddisfatte nascono e si sedimentano nel carattere le passioni umane. Il carattere è quindi il sostituto del basso grado istintuale, presume le natura esistenziale ed è espressione e produzione delle passioni. Il carattere, inoltre, dipende dalle caratteristiche neurofisiologiche dell’uomo (cervello e istinti) ma anche dal modo in cui le esigenze e le passioni vengono soddisfatte a seconda dell’ambiente e del tipo di società. L’alternativa e tra il carattere biofilo, capace di amare, e il carattere sadico che ha varie sfaccettature (carattere cumulativo, autoritario, sado-masochista) con forti componenti di narcisismo. Ma il carattere estremo è quello necrofilo (narcisistico, chiuso in se stesso), con passioni sono distruttive, es. Hitler.
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