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Un libro pessimo, scritto in maniera distratta e frettolosa e pertanto pullulante di affermazioni gratuite e di autentici strafalcioni. Ad esempio, a p. 68 scrivono a proposito della sequenza della tipografia dello Specchio che “non c’era nessun errore ma, semmai, un desiderio di lasciarlo, tradotto in paura”, illazione assolutamente non dimostrabile poiché nulla nella sequenza suggerisce una tale intenzione, sia pur inconscia. A p. 69, descrivendo la sequenza finale, fanno diventare “nonna” la madre anziana, mostrando così di non aver colto la fusione dei tempi narrativi in cui infanzia, giovinezza e vecchiaia confluisce: la madre giovane, dal fondo del campo di grano saraceno, guarda in realtà se stessa anziana che conduce per mano i bambini. Subito prima fanno confusione fra la telefonata alla madre e il dialogo (non telefonico) con la moglie separata. A p. 70, a proposito del prologo, dicono che la mdp fa un percorso “anomalo” ma non in cosa consisterebbe l’anomalia. Più avanti mostrano un atteggiamento dittatoriale nei confronti del lettore definendo “orribilmente arrangiato” il brano di Bach nella sequenza finale di Solaris, imponendo così un proprio giudizio assolutamente soggettivo come verità indiscutibile. A p. 67 la battuta di Snaut “abbiamo perso il senso del cosmico” diventa “avevo perso il senso del comico” (e come tale viene commentata, dunque non era un refuso), e avanti così, pagina dopo pagina, fino alla filmografia dove la parte della “madre, da vecchia” viene attribuita a Larisa Tarkovskaja. Ora, a parte il fatto che Larisa, essendo la moglie di Tarkovskij, era palesemente troppo giovane per quel ruolo, chiunque abbia una buona conoscenza dello Specchio sa bene da chi era interpretata quella parte, ma soprattutto sa bene che non poteva essere interpretata da nessun’altra perché l’intero film è costruito sulla sua persona. Parlo naturalmente della vera madre di Tarkovskij, quella che due pagine dopo ci spacciano per sua nonna.
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