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Devo dire che ho trovato il libro abbastanza noioso e lento, a dispetto di un grande potenziale. Martin Plunkett e la sua lucida follia omicida sono ben raccontati in varie parti della storia. Sarebbero materiale interessante per un lettore di genere se le parti interessanti fossero più di quelle noiose, piene di inutili descrizioni e liste della gente che è stata ammazzata. La prima parte è la migliore e mi aveva fatto sperare in qualcosa di più... poi l'amara delusione. Non do più di 2/5
Un libro che difficilmente si desidera rileggere. Viaggio nella mente del serial killer. La logica stravolta del criminale è tracciata con nitidezza e assume contorni che, con difficoltà devo ammettere, sono davvero affascinanti. Peccato che dopo la prima parte, "Los Angels", il testo prenda la piega di un'enumerazione di delitti il cui numero mi pare anche un po' assurdo e fuori dal modus operandi di un serial killer (Martin Plunkett non sembra più seguire un filo conduttore per i suoi delitti, ammazza chi gli capita e basta, o per rapina o per soddisfare i suoi bisogni sessuali). Il racconto si fa noioso e ripetitivo e, trattandosi per la maggior parte di efferati delitti, pure nauseabondo. Inquietudine-caccia-delitto-fuga, inquietudine-caccia-delitto-fuga. Tutto sembra divenire troppo meccanico. A tratti si ha l'impressione di scorrere un libro pornografico. Nella terza, nella quinta e nella settima parte, inoltre, gli articoli di giornali e i verbali stilati dalla polizia sono un atroce appesantimento ad un libro la cui narrazione è già difficile da seguire e digerire. Trovo un po' assurdo che Plunkett abbia nella sua breve carriera criminale incontrato sia il tristemente famoso Charles Manson e addirittura un altro serial killer (del quale si innamora...mah)e per di più quest'ultimo è un poliziotto! Il grandguignol finale sfiora un po' il ridicolo e all'ispettore Dusenberry è riservata una parte troppo breve. Suicidio del poliziotto-eroe che cattura i due serial killer: non sono un moralista, ma mi sembra che questo sia fin troppo deprimente. Male, male e ancora male. La malvagità trionfa. Insomma, questo libro è come un'attrazione da brivido di un parco divertimenti: provata una volta, difficilmente si ripete l'esperienza.
Ellroy, in uno dei romanzi più sottovalutati della sua produzione artistica ( a torto, secondo me ) ci racconta la storia di Martin Plunkett, un uomo segnato da un passato che innesca come una miccia la follia omicida nella sua testa, una polveriera che contiene al suo interno un forte desiderio di morte ( altrui ), una spietata compiacenza nel procurare la morte con violenza, usando astuzia e perfidia psicologica sulle vittime.Il protagonista è una mente superiore, malata ma affascinante. Quello che lascia sorpresi in fase di lettura è l'estrema scorrevolezza della pagine, l'autore riesce ad imprimere un ritmo convincente seppur mai serrato, incalza nell'azione, crea suspense e adrenalina instillando curiosità ansiogena nei momenti in cui il male ha il sopravvento, tira il freno a mano e si cala nei meandri dolorosi dell'animo del protagonista, riesce in un'efficacissima quanto terribile operazione di umanizzare il killer, di farlo sentire vicino a chi legge, mentre le pagine scorrono si riescono a comprendere i suoi comportamenti, li si rifiutano a priori per la loro brutalità ma li si capiscono, arrivando quasi a demonizzare e condannare senza riserve i gesti efferati ma salvando la parte (quasi) umana che si percepisce del protagonista. Non è un romanzo cupo, la schiettezza e la potenza della prosa di Ellroy non lasciano indifferenti, la storia ha una sua progressione comunque avvincente, i risvolti della trama creano un dinamismo coerente con le aspettative e il finale tira a lucido un gioco di specchi in cui bene e male riflettono le loro rispettive debolezze, soccombendo entrambi ad una forza ancora maggiore. Ellroy ci prova, e ci riesce benissimo : nessun escamotage per vestire il male, non lo metaforizza, non lo insinua simbolicamente dentro a case, guerre, armi:lo proietta e lo fa vivere lì, dove il male di tutto il mondo, in fin dei conti, ha sempre il suo inizio e la sua fine : dentro di noi, dentro l'uomo stesso.Grandissimo romanzo per un grandissimo Ellroy.
Recensioni
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