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L'arte giapponese di correre
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L'arte giapponese di correre - Adharanand Finn - copertina
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arte giapponese di correre

Descrizione


Lo sapevate che i giapponesi sono il popolo più ossessionato del mondo dalla corsa? E che il più grande evento sportivo dell'anno è una maratona a staffetta che si chiama ekiden, magica fusione di antichità e modernità (disputata per la prima volta in Italia nel 2015)? Che ci sono dei monaci che corrono mille maratone in mille giorni per raggiungere l'illuminazione? Adharanand Finn - scrittore e maratoneta - racconta in questo libro i sei mesi che ha trascorso nel Paese del Sol levante a contatto diretto - caso rarissimo - con i runner giapponesi professionisti, scoprendo perché sono così veloci, il tipo di alimentazione (che oltre a renderli podisti eccezionali allunga di molti anni la loro vita), i segreti del loro approccio mentale alla corsa. Un racconto che trasporta il lettore in un mondo speciale e per certi versi sorprendente, in cui i concetti di competizione, lavoro di squadra, allenamento, ricerca dei propri limiti lo rendono una lettura per gualsiasi runner.
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Dettagli

2015
8 settembre 2015
IX-281 p., Brossura
9788820059521

Voce della critica

È questo amore per lo sport che muove e sorregge l’intero sistema professionistico e universitario dell’ekiden. Senza una tale passione, i giapponesi non sarebbero così forti nelle corse sulla lunga distanza” (p. 125)

Non è un manuale di corsa, né un romanzo autobiografico. Forse un racconto? Il libro di Adharanand Finn, giornalista sportivo britannico e runner di passione, è un viaggio attraverso le esperienze podistiche di chi la corsa non solo la ama, ma la vive e la vuole vivere fino in fondo. Dopo l’esperienza del 2012 con Nati per Correre in cui si è trovato a stretto contatto con i luoghi ed i corridori del Kenya, in questo libro ci catapulta nella realtà giapponese del Ekiden: (dal giapponese Eki, stazione e Den, trasmettere), tradottostaffetta su strada. L’obiettivo resta quello di carpire i segreti dei più grandi corridori, di avvicinarsi con umiltà a qualunque tipologia di tecnica, o di consiglio o di pratica, per rosicchiare secondi preziosi ai propri record personali.

Devi prendere dei rischi, abbandonare la cautela e correre libero. Chi sa, prima della gara, quale dovrebbe essere la tua andatura media? Magari pensi di saperlo, ma questo significa porsi dei limiti, limiti che a volte ti impediscono di vincere” (p. 73)

L’esperienza giapponese di Adharanand Finn è quasi misitica; da runner, ha fin da subito suscitato curiosità in me il dualismo meditazione-corsa o monaci-runner. Capisco che sia difficile da comprendere, per chi non pratica sport, il perché ad uno sportivo non basti solo “performare” nel propri luoghi, ma abbia bisogno di conoscere altro e di avvicinarsi ad altri mondi. Mi viene in mente un paragone molto forte tra corsa e imparare una nuova lingua: come non basta fare un corso di lingua straniera nella propria nazione per dire di conoscere a pieno quella lingua, ma bisogna vivere per un certo periodo a contatto con persone di quella nazione e immergersi completamente in quella cultura, così vale per la corsa: non basta guardare un filmato o leggere un libro, mettendo in pratica i consigli appresi, per dire di saper correre; bisogna, invece, vivere quel mondo, osservare quei luoghi e lasciarsi andare a nuove sensazioni, che permetteranno di arrivare molto più lontano.

Recensione di Marco Cattaneo

 

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Conosci l'autore

Adharanand Finn

Adharanand Finn è un giornalista britannico. Scrive regolarmente per The Indipendent, Runner's world UK e The Guardian. Nel 2012 ha pubblicato per Sperling & Kupfer Nati per correre, miglior libro di sport del 2012 per il Sunday Times, con il quale ha vinto anche il premio per miglior scrittore del British Sports Book. Nel 2015 in Italia è uscito L'arte giapponese di correre, sempre edito da Sperling & Kupfer. Vive a Exeter, nel Devon, con la moglie e i tre figli.

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