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Peccato che non esista la possibilita' di dare voti negativi... Scrittura sciatta incentrata sul niente
Questo signore e' davvero fortunato, se riesce a farsi pubblicare (e da Einaudi, nientemeno: come cambiano i tempi) il vuoto pneumatico. Tutto sommato l'accostamento a Kundera fatto dal recensore dell'Indice non e' infondato, anche qui la leggerezza e' insostenibile.
Recensioni
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recensione di Pent, S., L'Indice 1997, n. 4
Se già Milan Kundera non avesse così intitolato il suo bestseller internazionale, di "insostenibile leggerezza dell'essere" si potrebbe serenamente parlare presentando il nuovo romanzo di Mario Fortunato. L'arte di sorprenderci con un lavoro creativo prezioso e struggente, anche. Tanto più che le cupezze ossessive di "Sangue" (Einaudi, 1992; cfr. "L'Indice", 1993, n. 1) ci avevano lasciati soddisfatti a metà: c'era sì il "plot", mancava però la zampata d'autore.
Ora, lo diciamo a gran voce, c'è tutto. Sarà difficile per chiunque parlar male di un romanzo così strutturalmente compiuto e così ricco di umana poesia e di dignitosa consapevolezza dell'impegno di vivere, soli al cospetto di un mondo che ha la parvenza d'un palcoscenico vuoto. Semaforo rosso ai complimenti, veniamo al messaggio da consegnare ai lettori: non badate, non più di tanto almeno, al risvolto di copertina che accenna a "un medico italiano ossessionato dalla propria digestione", a "un fotografo newyorkese incapace di dire la verità" e altro ancora. Non badateci, perché c'è la scusante di un racconto improbo da riassumere per chiunque, nella sua intricata sapienza narrativa. Storie parallele, questo sì, ma proiettate in sequenze temporali che spaziano dal passato al futuro, attraverso l'evolversi nel presente del fatto delittuoso che coinvolgerà, in ogni caso, tutti gli eterogenei personaggi.
Man mano che procediamo nella lettura, veniamo a sapere del destino che attenderà Myriam Levi, la bulimica assistente fotografa che ha lasciato il suo remunerato lavoro per fuggire da se stessa e dalle proprie fobie. Così come ci viene raccontato in prima persona, attraverso le pagine del suo diario privato, il tormentoso passato di David Pradine, il famoso fotografo destinato a scontare nella cecità e nella morte la colpa - colpa? - di aver voluto osservare il mondo oltre le apparenze. E poi ripercorriamo le tristezze esistenziali di Benedetto Blasi, l'anziano medico che cerca un segno oltre l'inspiegato suicidio della moglie Dina, che ritiene rea di un mai svelato tradimento coniugale, e una luce di perdono per una remota colpa di abbandono omicida che risale al conflitto mondiale. Questi, e altri personaggi, sono proiettati dall'autore avanti e indietro nel tempo, e tutti messi a confronto con se stessi nella vicenda gialla che li vede coinvolti durante una vacanza nella splendida oasi di Djerba, dove viene scoperto il corpo assassinato del professor Fabre, omosessuale alla ricerca ossessiva di ragazzi locali, infatuato anche di Philippe, il francesino figlio di Madame Lebrun, la titolare di una boutique del grande albergo presso cui tutti i personaggi sono ospitati.
Basta, oltre il delitto e la scoperta del presunto colpevole - ma sarà poi tale? - non c'è da far altro che seguire il disegno dei diversi destini che Fortunato traccia per ogni sua creatura, tra l'Olanda e il Giappone, l'Italia e gli States. Un puzzle di vite intrecciate, di amori mancati, di frasi che - pronunciate al momento opportuno - avrebbero potuto cambiare un destino. Non c'è vittoria per nessuno, alla fine, come se quella vacanza - sospesa in un tempo attuale ma allo stesso istante remoto - fosse stata il punto di partenza per molti, diversi addii. "L'arte di perdere peso", come intitola la bulimica Myriam il suo manuale dietetico-esistenziale, è quella di tutti questi burattini della vita, che svaniscono letteralmente da se stessi dopo essersi trovati per un irripetibile istante uniti, attoniti, intorno al fagotto di un cadavere, in un luogo che - essendo di vacanza - non appartiene a nessuno di essi. Poi, solo l'esilio, la fuga e la fine, per tutti.
Se in questa stagione qualche altro narratore italiano si presenterà con un romanzo altrettanto pulito, poetico, strutturalmente perfetto, internazionale e maturo, beh, fatecelo sapere.
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