L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2021
Marco Scotini, Urla contro la fabbrica loquace
Di spalle, almeno una dozzina di persone. Stanno in piedi davanti alla facciata di un palazzo, nel rumore ordinario della città, rispettando la posizione e indossando dei cartelli bianchi. Stacco. Un uomo con gli occhiali si volta: “L’ingiustizia oggi cammina con passo sicuro”, dice il suo cartello scritto in cirillico.
Il frame iniziale di Angry Sandwich People, il video del collettivo russo Chto Delat/What is to be done?, che trasforma la protesta in un happening urbano, apre le porte, già in copertina, verso il lungo itinerario con cui Marco Scotini conduce il lettore dentro la fabbrica dell’arte contemporanea. Una fabbrica connotata innanzitutto dal riuscito neologismo che intitola il volume, Artecrazia.
Tre sezioni – dedicate alle esposizioni, ai pubblici e agli schermi – organizzano i ventiquattro contributi che, in larga parte, compaiono per la prima volta in italiano. La destinazione internazionale della scrittura di Scotini è rilevante poiché denota un tono che non rimanda a concessioni o fraintendimenti. Ovvero: rispetto a quanto si pubblica abitualmente nel contesto nazionale – mi riferisco alla maggior parte degli interventi critici presenti in riviste specializzate e non, dove spesso il dibattito si riduce a una giustapposizione di censimenti, oppure alle sciocche categorie del like o del dislike, della adulazione o del pettegolezzo – qui le affermazioni sono portate in maniera chiara e diretta. Abbastanza da generare, durante la lettura, la superficie di attrito necessaria a ridurre la distanza tra ciò che vediamo e ciò che sappiamo dell’arte contemporanea e del suo sistema.
La densità dei passaggi tra le questioni sollevate rende irrealizzabile ora una ricognizione dettagliata, però è opportuno sottolineare la disinvoltura con cui Scotini (già autore di Politiche della memoria, DeriveApprodi 2014) trasforma la sua digressione in una sorta di ri-assemblamento filmico di un presente sempre più dislocato. In effetti, la coralità di voci chiamate in causa (tra gli altri Charles Esche, Peter Friedl, Sanja Ivekovic, Harald Szeemann, Franco Vaccari, Paolo Virno, Li Xianting, Deimantas Narkevicius, Clemens von Wedemeyer) contrappone al tempo dell’Artecrazia, cioè “del governo di un numero ristretto di eletti in grado di legittimare la propria funzione assegnando ruoli”, il tempo di un’arte decentrata, plurale, determinata a non investire energie e capitali soltanto sull’attesa e sulla fidelizzazione dei pubblici, sulla cattura del sapere, sulla sua capacità persuasiva o sul suo potere di generare relazioni – insomma, su tutto ciò che Christian Marazzi, con una metafora in prefazione, attribuisce alla “fabbrica loquace”, un dispositivo di comunicazione talmente persuasivo da affievolire persino i conflitti percepibili nel contesto sociale. In un acuto saggio su Guy Debord, difatti, emerge in modo evidente quanto questa paradossale depravazione del nostro tempo – lo spazio concesso all’immagine – corrisponda a una sorta di avamposto capitalista: “indipendentemente da ciò che essa mostra o censura, l’immagine che comunque si dà a vedere è anche e soprattutto quella che nasconde tutte le altre”.
Ecco il motivo per cui, probabilmente, ogni testo è puntellato da insistenti domande in grado di smontare l’oggetto del discorso per lasciare emergere la sua matrice artificiale, neo-arcaica: generando un’interferenza nella rappresentazione che il sistema restituisce di sé, Scotini dimostra come la tendenza a dubitare di tutto, a spogliarsi delle rigidità del mestiere e della compiacenza del critico d’arte per inoltrarsi in derive filosofiche, narrative e filmiche, ci consegna un libro che mette a disagio. Un libro che, invece di cercare consenso, predispone a desiderare di ridistribuire la conoscenza, a lacerare la rete dell’auto-esposizione, ad arginare il tempo della produttività e, non da ultimo, a rifugiarsi in nuove configurazioni. Purtroppo per noi, però, la fuoriuscita da questi paradigmi sarà un’operazione quanto mai lenta e dolorosa.
Recensione di Gabriele Sassone
Leggi la recensione completa su Alfabeta2.it
L'articolo è stato aggiunto al carrello
Le schede prodotto sono aggiornate in conformità al Regolamento UE 988/2023. Laddove ci fossero taluni dati non disponibili per ragioni indipendenti da IBS, vi informiamo che stiamo compiendo ogni ragionevole sforzo per inserirli. Vi invitiamo a controllare periodicamente il sito www.ibs.it per eventuali novità e aggiornamenti.
Per le vendite di prodotti da terze parti, ciascun venditore si assume la piena e diretta responsabilità per la commercializzazione del prodotto e per la sua conformità al Regolamento UE 988/2023, nonché alle normative nazionali ed europee vigenti.
Per informazioni sulla sicurezza dei prodotti, contattare complianceDSA@feltrinelli.it
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore