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scheda di Segala, M., L'Indice 1996, n. 1
"Volumi uguali di gas diversi alle medesime condizioni di temperatura e pressione contengono un identico numero di molecole": esposta da Amedeo Avogadro nel 1811, questa ipotesi fu accettata dalla comunità scientifica soltanto cinque decenni più tardi. Il ritardo con il quale l'ipotesi di Avogadro è diventata legge scientifica ha sempre stupito. Essa infatti si basava sulla teoria atomica di Dalton (elaborata all'inizio dell'Ottocento e tradotta in francese nel 1809) e sulla legge sperimentale di Gay-Lussac (1809): chiunque accettasse la concezione atomica e riconoscesse la validità degli esperimenti di Gay-Lussac doveva ammettere la validità e la geniale semplicità della generalizzazione di Avogadro. Con questo libro, Ciardi spiega perché l'apparentemente semplice ragionamento di Avogadro non divenne immediatamente patrimonio comune della scienza ottocentesca. La concezione di Dalton e il lavoro di Gay-Lussac appartenevano a tradizioni di ricerca molto diverse tra loro: stabilire una connessione tra le due non era naturale. Avogadro ci riuscì perché non faceva esperimenti. Ciardi è molto convincente su questo punto: Avogadro propose una legge fondamentale proprio perché era uno scienziato anomalo. La sua ricerca non si svolgeva in laboratorio ma in biblioteca: leggeva quanto veniva pubblicato a Parigi e da tali letture sviluppava argomenti e generalizzazioni in base al principio di semplicità. Cinque decenni per una generalizzazione rigorosamente non sperimentale forse non sono nemmeno molti.
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