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Anno edizione: 2019
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Il recentissimo libro pubblicato dalle Edizioni Mediterranee contribuisce ad una conoscenza più profonda della personalità di Evola e di alcuni aspetti privati che anche ne Il cammino del cinabro non erano stati espressi data l’impersonalità attiva del filosofo romano. Il volume raccoglie due interviste alla TV francese rilasciate tra il 1969 e il 1971 nelle quali Evola chiarisce il significato della sua attività intellettuale a partire dalla sua formazione giovanile, dal periodo dadaista a quello più propriamente filosofico e tradizionalista, agli studi orientalistici e anche agli interessi metapolitici che lo resero maestro spirituale di una intera generazione di giovani neofascisti. L’autore di Cavalcare la tigre, come è noto, fu il principale esponente dell’arte di avanguardia del primo Novecento e del dadaismo in particolare, nel quale vedeva una via più confacente alla sua «equazione personale», più interiore e mistico-ascetica in contrapposizione al futurismo di Marinetti che, con l’esaltazione del dinamismo, della velocità e della modernità, non rientravano negli interessi del Barone. Un aspetto poco conosciuto della biografia evoliana fu la crisi interiore che lo colpì subito dopo l’esperienza artistica e come lui stesso affermò lo portò sull’abisso della follia e gli fece meditare il suicidio, anche se metafisico, a differenza di altri intellettuali dell’epoca come Michelstaedeter e Weininger che si tolsero la vita; si riprese con la lettura di un passo del Buddha sull’estinzione della sofferenza. Evola non fu mai fascista o nazionalsocialista in senso stretto, ma ne apprezzò alcuni contenuti ideologici come l’ostilità al marxismo e alla democrazia, ma ne criticò altri aspetti troppo socialisti e filo-proletari e per quanto concerne il razzismo espresse dissenso per una teoria della razza basata su dati puramente biologici e ne produsse un’altra conosciuta come «razzismo spirituale». Il testo è consigliato a chi voglia avvicinarsi al pensiero evoliano.
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