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Avanti! Un giornale, un'epoca - Ugo Intini - copertina
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Avanti! Un giornale, un'epoca

Descrizione


1896-1993: le sue pagine, i suoi giornalisti e direttori raccontano il secolo. Un secolo fotografato dagli articoli del quotidiano e dai suoi direttori e protagonisti. Intini, con incalzante stile giornalistico, svela aneddoti e testimonianze che portano novità storiche, anche inedite, che non mancheranno di sollevare polemiche. Un volume che, per mole e approfondimento, può dimostrarsi utile anche a studiosi, ricercatori e studenti.
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Dettagli

2015
10 febbraio 2015
754 p., Rilegato
9788895884561

Voce della critica

Un secolo. E un giornale che ha attraversato una parte notevole della storia dell'Italia contemporanea e che, dopo i piccoli e densissimi volumi pieni di intelligenza dell'indimenticabile Gaetano Arfè, non ha più affascinato gli storici. Peccato, perché, a leggere il grande zibaldone che ha messo insieme uno dei suoi direttori degli anni ottanta, Ugo Intini, noto anche per la fedeltà a uno degli ultimi leader del partito (non uno dei migliori), il siciliano-milanese Craxi, ci sono cose di grande interesse per chi vuol conoscere la storia del socialismo. Nella sua introduzione, il curatore ricorda che l'"Avanti!" è stato "il primo grande giornale nazionale, arrivando ad avere nel 1919 tre edizioni: a Milano, Torino e Roma. È stato il più diffuso quotidiano del Nord dopo la Liberazione nel 1945". E subito dopo Intini, che travalica il giornalismo autoctono come quasi tutti quelli che hanno fatto per molti anni politica, ricorda che "quel giornale" ha fatto ben altro che la storia del socialismo. Non soltanto due direttori (Saragat e Pertini) sono infatti diventati presidenti della Repubblica e due (Mussolini e Craxi) capi del governo (oltre a uno dei suoi redattori, Ivanoe Bonomi). Da una costola dell'"Avanti!" sono infatti nati sia il fascismo che il comunismo. È nato il fascismo perché Mussolini, suo direttore e leader dell'ultrasinistra radicale, nel 1914 ha rotto con il partito socialista, ha scelto l'interventismo nella guerra poi mondiale e ha lasciato l'"Avanti!" di Milano per fondare subito "Il Popolo d'Italia", antesignano del fascismo. Da una costola dell'"Avanti!" è in parte nato anche il comunismo. Serrati, infatti, pur massimalista, ha chiuso l'edizione di Torino, considerata troppo estremista e filosovietica. E Gramsci, immediatamente, nella stessa sede, e con gli stessi giornalisti (tra gli altri Terracini e Togliatti), ha continuato le pubblicazioni, sostituendo il primo gennaio 1921 l'"Avanti!" con il settimanale "L'Ordine Nuovo", trasformato nel quotidiano che sarebbe stato tra gli incubatori del Partito comunista d'Italia, creato poco dopo in seguito alla scissione di Livorno (21 gennaio). L'intero ragionamento di Intini è accettabile dagli storici, ma con qualche precisazione. Che il quotidiano socialista sia stato un crocevia della nostra storia tra la fine dell'Ottocento e tutto il Novecento è indubbio. I nomi dei suoi direttori ricordati dal curatore del volume sono eloquenti e significativi. Fu tuttavia il fascismo, nella fase che precedette l'ottobre 1922, che attrasse una parte non piccola di persone che videro in quel movimento il "nuovo" che ammazzava il "vecchio" e che avrebbe potuto, a suo modo, rinnovare lo stato liberale. Basti pensare a vari personaggi e a molti giovani schieratisi decisamente, soprattutto solo dopo il 1924, contro il regime fascista ormai montante. Si pensi anche al comunismo italiano e alla sua fase staliniana, che durò fino a metà degli anni cinquanta e forse ancora oltre. Dopo, il Pci, però, aderì irreversibilmente a un cammino molto più legato alla democrazia repubblicana e sempre meno ‒ sia pure con una lentezza su cui ormai con diverse tesi si sono soffermati gli storici ‒ al regime sovietico. Nicola Tranfaglia

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