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Avarizia. La passione dell'avere. I 7 vizi capitali
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Avarizia. La passione dell'avere. I 7 vizi capitali - Stefano Zamagni - copertina
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Avarizia. La passione dell'avere. I 7 vizi capitali

Descrizione


Indossando di volta in volta i panni dell'avidità, della cupidigia, dell'usura, della concupiscenza, della taccagneria o della grettezza, la struttura camaleontica dell'avarizia è tale che essa può addirittura assumere le sembianze della virtù. È il vizio più "economico" dei sette ed è un economista ad indagare le ragioni per le quali nel corso del tempo, a partire dalla tarda antichità esso sia andato soggetto ad una pluralità di slittamenti semantici, secondo un'alternanza che non trova riscontro in nessuno degli altri vizi capitali. Da radice di tutti i mali e quindi primo dei vizi, l'avarizia diverrà seconda alla superbia durante l'alto medioevo, per ritornare al primo posto all'epoca della Rivoluzione commerciale, e divenire nell'Umanesimo civile - con un altro mutamento di prospettiva - impulso alla prosperità e quasi una virtù. Nell'ultimo quarto di secolo, l'avarizia è tornata ad essere vizio ed è quello che più di ogni altro è cresciuto in maniera spettacolare. L'avaro di oggi è posseduto dalle cose, accumula e conserva ma non usa, possiede ma non condivide. La sua infelicità è un fallimento della volontà o della ragione?
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Dettagli

2009
8 ottobre 2009
143 p., ill. , Brossura
9788815131584

Valutazioni e recensioni

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alberto pierobon
Recensioni: 4/5

L’avarizia ha molti modi di manifestarsi ed è stata concettualizzata diversamente nel tempo, nei contesti storici, ad es. vizio-peccato nell’ordo feudalis; virtù (o quasi) dal XV sec. anche nelle idee correlate di superbia e di usura-rendita. E’ legittimo guadagnare e con che limite? Quale è il valore delle cose che si producono e si compravendono? Gli interessi sono consentiti per il capitale, non per il prestito? Smith potenzia Mandeville: l’interesse personale non è più considerato un vizio perché è visto assieme all’interesse degli altri, pubblico, spiegandosi nella vita associata grazie alla leva dell’interesse proprio. L’utilitarismo riprende questi aspetti e identifica nozioni felicità-utilità e concetto di utilità con le preferenze individuali. Ma la felicità è la proprietà della relazione tra persona-persona non con le cose (utilità): si postula il consequenzialismo per cui le conseguenze sono buone se l’azione è moralmente buona, misurando la convenienza dell’utilità oggettiva col denaro (valore di scambio di infinita potenza Simmel).L’ordine liberale abbisogna di due mani: invisibile del mercato e visibile dello Stato. Nella distinzione tra razionalità e ragionevolezza: per l’A. la ragionevolezza è la razionalità che rende la ragione ragione dell’uomo e per l’uomo. La forza del dono gratuito crea reciprocità, relazione. Necessità di due categorie di beni: giustizia (es. beni erogati dal welfare state fissano un preciso dovere in capo a un soggetto: tipicamente l’ente pubblico, affinchè i diritti dei cittadini su quei beni vengano soddisfatti) e di gratuità (beni relazionali, fissano un’obbligazione che discende dal legame che ci unisce l’un l’altro: riconoscimento di una mutua ligatio tra persone a fondare l’ob-ligatio). Kierkegaard la porta della felicità si apre verso l’esterno: può essere dischiusa solo andando “fuori di sé”. Buona ricostruzione storica e dell’evoluzione del pensiero, anche economico, tramite il concetto di avarizia che porta ad altro.

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Dostov
Recensioni: 4/5

L’avarizia è un vizio generoso: può riguardare tanto un secolo quanto un’intera società, tutta un’epoca, come per esempio la nostra. Zamagni nel suo saggio prova a rivelarlo quando ci piace essere ipocriti: ai suoi esordi per avarizia si intendeva schiettamente la philargyria, l’amore per il denaro, adesso ci piace dire che l’avarizia è un difetto caratteriale, semmai, una questione per terapeuti, non per quei Paperon De Paperoni che vogliono diventare tutti, col la loro impoetica sindrome da Paperini perenni.

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Giacomo Di Girolamo
Recensioni: 4/5

Su un libro di Zamagni studiai all’università Macroeconomia. E’ un professorone, uno di quelli che quando parla ascolti in silenzio e con gli occhi a terra. Nella collana Intersezioni del Mulino Zamagni pubblica un volume agile: Avarizia. Un’indagine su che cos’è la passione dell’avere. Il prof, fuori dai libri di testo, ha un atteggiamento umano, molto umano, con l’economia. E parlando di avarizia, dentro ci mette di tutto: dalla filosofia alla religione, da Sant’Agostino a San Francesco, dalla storia di Roma a Woody Allen. Una storia critica dell’avarizia (da virtù a peccato, da vizio capitale a impulso alla prosperità, se non addirittura “quasi virtù”) messa in relazione con le sue forme più antiche e moderne. Dalla taccagneria all'usura. E poi: perchè sono sempre gli anziani ad essere raffigurati come tirchi? E’ un’inchiesta umana, quella di Zamagni. Perché ha una domanda di fondo, un rovello, che l’autore dipana e infine risolve: può l’avaro essere felice? La risposta è: no. Perché l’avaro è posseduto dalle cose, scrive Zamagni, non possiede. Conserva ma non usa. Possiede ma non condivide. Ce lo insegnano Dickens e Verga. E la vera felicità sta nella condivisione. L’avaro è un fallito, perchè l'economia si fonda non sulla ricchezza, ma sulle relazioni, la capacità di scambio. Zamagni, carte alla mano, ce lo dimostra.

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Conosci l'autore

Stefano Zamagni

Stefano Zamagni (Rimini, 1943) è professore di Economia politica presso l’Università di Bologna, in cui ha ricoperto numerosi ruoli, tra cui la presidenza della Facoltà di economia, impegnandosi negli anni soprattutto negli studi sul mondo del no profit. È tra gli ideatori delle Giornate di Bertinoro per l’economia civile, un momento di approfondimento e dialogo sul ruolo e le attività del Terzo Settore in Italia. Tra i suoi libri ricordiamo:  L’economia del bene comune  (Città Nuova, 2007),  Avarizia. La passione dell’avere  (Il Mulino, 2009),  Impresa responsabile e mercato civile  (Il Mulino, 2013),  L’economia civile  (con Luigino Bruni, Il Mulino, 2015),  Responsabili....

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