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Kayla McMath è vera, determinata, intensa. La prosa di Malagoli è affascinante, potente.
Scordatevi di Tara, la piantagione di cotone della Georgia che fa da sfondo a Via col vento. Qui nell’Ozark, in Arkansas, la vita è dura, scandita dai tempi della semina e della raccolta del cotone che ti spacca la schiena e ti taglia le dita. Qui nell’Ozark, in Arkansas, se la terra non frutta, la banca si riprende la concessione e si perde tutto. Qui nell’Ozark, in Arkansas, non ci sono privilegi per Kayla McMath, quattordici anni e solo prove difficili da affrontare. Come la perdita della madre alla nascita della quartogenita Reese. E l’improvvisa morte del padre, che la lascia sola, con il fratello minore Lucas, nella malridotta tenuta agricola. In balia della natura selvaggia. In attesa che ritorni il fratello maggiore Isaac, partito con l’esercito confederato alla disperata difesa di Little Rock. Gli echi lontani della Guerra di Secessione non spezzano l’isolamento dei due ragazzi che resistono, il libro dei salmi della madre saldamente stretto in una mano, il fucile Springfield del padre nell’altra. Le esperienze al limite, la lotta per non soccombere e garantire la sopravvivenza della piccola Reese fanno crescere velocemente Lucas e soprattutto Kayla, che non cederà di fronte a nulla. Nulla.Malagoli è stata una piacevole scoperta. Di questo libro ho amato innanzitutto la copertina: c'è aria di casa, c'è un senso di protezione sotto quel cielo così azzurro, lo stesso che si prova entrando in casa McMath, lo stesso che si prova quando Kayla recita uno dei suoi salmi, provvidenziali come l'abbraccio di una madre. Ho amato la scrittura di Malagoli semplice, così evocativa di un luogo e un tempo lontani. Leggetelo, vi sentirete a casa!
Si potrebbe non credere che un banchiere modenese, amante della letteratura statunitense, abbia potuto scrivere il classico romanzo epico americano e, invece, Piero Malagoli ha accettato la sfida da lui stesso lanciata ed è riuscito assai bene nel suo progetto, regalandoci un’opera originale nel panorama narrativo italiano. Piero Malagoli, costruendo questo romanzo con un’operazione di sottrazione, cerca di rispondere alla domanda che ognuno di noi si è posto almeno una volta nella vita: “Che cosa rimane a un essere umano quando gli togli tutto?” Stimolato, infatti, dalle suggestioni contemporanee che rendono l’essere umano perennemente insoddisfatto, lo scrittore ha voluto cercare un mondo dove rimettere le cose nella giusta prospettiva, un mondo senza sovrastrutture per far emergere quello che conta davvero, qualcosa di prezioso e inestimabile come la vita stessa. Con una scrittura già matura e un linguaggio ricercato e a tratti poetico, Piero Malagoli ci regala un romanzo evocativo, in tutto e per tutto americano. La prosa densa e corposa, ispirata e potente ci racconta di personaggi che, nonostante vivano una condizione di estrema miseria e siano sottoposti alle prove più difficili e pericolose, hanno tenacia e determinazione tali da diventare simboli di resilienza. Una lotta per la sopravvivenza in cui l’istinto primordiale all’autoconservazione prevarrà su tutto e in cui la dignità e l’orgoglio di essere vivi non verranno mai meno. Questo libro va gustato a ritmo lento per assaporare la caratterizzazione dei personaggi e le descrizioni minuziose e realistiche delle scene di quotidianità e della natura selvaggia, che vi faranno restare incollati alla poltrona. Piero Malagoli afferma che un libro ha una buona riuscita quando la storia che racconta lascia nel lettore un senso di nostalgia per la lettura appena terminata. Per questo mi sento di chiedergli se questo suo romanzo avrà un seguito. In attesa di una sua risposta buona lettura!
Lascia col fiato sospeso.... Bellissimo!
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