Questi sedici racconti, per la prima volta raccolti in volume sotto il titolo di Baci da 100 dollari, furono scritti da Kurt Vonnegut per giornali quali "Ladies' Home Journal", come ricorda Dave Eggers nella prefazione. Siamo all'inizio degli anni cinquanta e Vonnegut volta le spalle definitivamente all'ideologia del sogno americano e insegue il suo bisogno di scrittura lasciando un impiego presso la General Electric, una delle più grandi compagnie del paese. I racconti brevi e scarni, con personaggi esemplari e storie morali, non hanno forse il respiro e la forza dei romanzi che li seguiranno, ma la "lezione Vonnegut" è già tutta ben visibile. Eggers definisce la struttura di questi racconti "a trappola per topi", ma è forse fin troppo ingenuo, perché l'abilità di Vonnegut non sta tanto nel riprodurre un meccanismo narrativo che per l'appunto riesca a condurre il lettore fino a intrappolarlo nella direzione stabilita dal narratore, ma nel far attraversare questo schema, quasi fosse un circuito elettrico, da una continua tensione. Prima ancora che racconti morali e trappole per topi, questi sono racconti a circuito chiuso, sempre in tensione, ed è una sorta di ronzio che attraversa la lettura di ognuno di loro a caratterizzarli, è l'ambiguità di una forza elettrica costante e sotto controllo che denuncia qui e là piccole fuoriuscite, perdite o picchi. Vonnegut non controlla le sue storie in maniera onnisciente, il lettore è certamente accompagnato lungo il racconto e la strada è un imprevisto per entrambi, l'equilibrio si modifica, cambia di grado riga dopo riga, parola dopo parola. La tensione è un ronzio che distingue Vonnegut dal rassicurante scricchiolio degli autori di genere. Pace, famiglia, successo, denaro: questo è il plastico messo in mostra dal sogno americano; guerra, egoismo, arrivismo e criminalità è ciò che invece vi sta sotto e che lo alimenta. Ma Vonnegut non si limita a denunciare questo cancro che sta attecchendo nella società americana del secondo dopoguerra, lo racconta con precisione, ma con affetto e molta ironia. La sconfitta riguarda tutti, ma lo sguardo di Vonnegut non vuole perseguire una distinzione morale tra buoni e cattivi. Tutto sta all'interno di un plastico da modellismo come in Con la mano sull'acceleratore: pretendere di governare le cose è il guaio, l'errore fatale. La solitudine è lo spazio sentimentale dentro cui si muovono i protagonisti dei racconti sempre alle prese con una tecnologia invadente che si traduce in hobby, organizzazione aziendale e riconoscibilità sociale come avviene in Jenny, Con la mano sull'acceleratore e in modo particolare in Spegniti breve candela. Oltre a questo c'è solo la nudità degli uomini e delle donne alle prese con un passato spesso infranto dalla guerra e un futuro tanto illusorio quanto accecante: l'ironia, il cinismo e la pazzia sembrano, spesso mischiate tra loro, le uniche risorse possibili. Capita così di ritrovarsi tra le pagine con disegnata in volto una smorfia di dolore o un sorriso imprevisto, una sorpresa dello stupore che pochi scrittori hanno saputo regalarci, con tanta semplicità e gentilezza forse solo Kurt Vonnegut. Giacomo Giossi
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