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Ballate non pagate - Alda Merini - copertina
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Ballate non pagate

Descrizione


Questo libro della poetessa milanese presenta visionarietà e folgorazioni aforistiche, gusto dell'improvvisazione e letterarietà, "scienza del dolore" e sensualità vitalistica.
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Dettagli

2
1995
1 gennaio 1997
VI-112 p.
9788806137304

Valutazioni e recensioni

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Andrea DC
Recensioni: 4/5

Raccolta data dall'assemblaggio di fogli manoscritti che puntualmente nei primi anni '90 la Merini rilasciava sui tavoli del bar milanese ''Chimera''. Prefazione di Laura Alunno, nella quale si spiega un parziale abbandono della Merini di quell'afflato mistico-religioso che aveva caratterizzato tanta parte della sua produzione pre-manicomiale, dunque il rimpiazzo di un'ispirazione più terrena. Composizioni in verso libero alternate da altre in endecasillabi sciolti, un resoconto quotidiano piuttosto eterogeneo costituito da osterie (''L'oste che al crocevia/ mesce vaghi bicchieri di candore'', ''Quest'osteria senza documenti/ dove di certo un tempo fui giocata''), reminiscenze luttuose (''Era il sei di gennaio maledetto'', ''Chiedimi qualche cosa che mi inganni''), rari riferimenti al Dio cristiano (''Che posso io trovare/ tra gli osanna dell'uomo di cultura?''), e più frequenti indugi su divinità dell'antichità (''Son Diana folle, invitta cacciatrice'', ''Fai nocimento/ a tutti quanti vedono la strada/ della tua pace e nessuno commina/ a te l'altare della tua grandezza/ che fa offerte agli dei'', ''tratta nel giorno e anche nella notte/ delle assurde paure di Cibele'', ''Venere forse stanca di mollezza/ quando mortale si poggiò supina/ sopra il cuscino della prima notte'', ''Chiamami donna e poi chiamami Athena/ ma soprattutto chiamami tua donna,/ o fiore di domanda doloroso'', ''inebriami di baci come statua/ che abbia compiuto musiche maggiori'').

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Andrea Scasso
Recensioni: 5/5

Sempre grande Alda Merini, sempre vera, sempre unica. Le sue liriche ti entrano dentro e ti chiedi ogni volta come abbia fatto a pensare, a provare e a mettere per iscritto in maiera così esemplare sensazioni universali dell'uomo sull'amore, la vita, gli stati d'animo.

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CRI
Recensioni: 4/5

Sono colpita doppiamente.Poesie crude ed incantevoli, vere e fantastiche. Pochi istanti e sono divenute mie. "Mi è sempre piaciuto cavalcare l'aria, avere una casa isolata da tutti, e dire che non conosco nessuno. Invece mi conoscono in cielo e ardono di amore e di odio e mi fanno uscire di senno." Vere anche le impressioni di Scarpa.

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recensione di Scarpa, D., L'Indice 1996, n. 5

Una sera tardi, a "Blob", un'anziana signora piange a dirotto su una seggiola del "Maurizio Costanzo Show".Il pubblico applaude: un applauso uniforme, ottuso, che non finisce più.Costanzo è in piedi immobile, lo sguardo compiaciuto e mesto. Il pianoforte incatena una fuga di note rapinose.Senza averla mai vista, capisco all'istante che quell'anziana signora immensamente libera e superiore all'inutile trappola che le sta scattando addosso può essere soltanto Alda Merini. Era proprio lei. Da quella sera ho cominciato a capire quanta dignità vi possa essere anche in un dolore esposto al pubblico. Anche queste "Ballate" sono poesie nate dal pubblico e in pubblico, e sono colme della "scienza / del dolore dell'uomo", il solo sapere che Alda Merini rivendichi.Sul finire degli anni ottanta la Merini frequentava il Chimera, un caffè-libreria della Milano nebbiosa e scintillante dei Navigli, poco lontano da casa sua. Come un Dino Campana alla rovescia - quegli, nel vendere i suoi "Canti orfici", ne strappava pagine di cui riteneva indegno il singolo lettore, la Merini strappava da sé pagine non ancora pubblicate - regalava dattiloscritti inediti agli avventori. "Qualcuno che si butta nel cemento, / qualche altro che si impicca con ragione / e intanto in strada suonano i violini".
Ciò che resta impresso di queste poesie è proprio l'andamento cantabile, l'inquieta diteggiatura del ritmo di ballata che termina quasi sempre in clausole fulminanti: "Voglio sedere accanto al tuo bivacco / e scaldarmi a una vena di candore". Ma questa cantilena de 'lonh' è smentita da un altro tono, da una voce diretta che è come se ti afferrasse per le spalle e ti guardasse dritto negli occhi: "hai scoperto il baricentro del cuore, / o mio sudato amore senz'arte / che mi hai fatto le carte del pudore". A volte la voce che dice "Tu" giunge soffocata, come la voce di una radio dell'appartamento accanto - non per nulla l'amore di cui qui si parla è "chiuso dalle rimembranze"; altre volte ti assale con violenza, quasi che sfondasse la pagina.
Una poesia vulcanica e ingenua? Macché. Tra le virtù meno appariscenti di Alda Merini c'è quella di saper adoperare le parole più solenni e disusate - asfodelo, corsieri, clamide, carme, nocimento, sponsale, zefiro, diserto - senza che esse gravino sul verso.E succede che in questa poesia così sapiente e sapienziale i più grandi enigmi siano spesso racchiusi proprio nei versi più solfeggiati e aperti: "Io sono una cantante libera, / sono un'entusiasta del pensiero / mi inerpico su teneri arboscelli / e dico che sono alberi grandi". O anche: "Venere tra le stelle mi apriva il firmamento/ ma tu eri contento delle mie molte fiammelle". A volte, leggendo, vengono in mente per un possibile paragone le "Poesie della fine del mondo" di Delfini. Ma se al mite Delfini il ritornello della ballata serviva per esaltare e portare al parossismo la disperazione amorosa, qui pare che accada il contrario. È il tono cantilenante della ballata a diminuire la normale incandescenza amorosa del poeta: "O Don Chisciotte pieno di amarezza, /la tua terra ora è già defenestrata, / qualcuno l'ha buttata al piano basso / anche se vivi al settimo dei cieli".

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Conosci l'autore

Alda Merini

1931, Milano

Poetessa italiana. Ha esordito nel 1953 con La presenza di Orfeo seguito da Paura di Dio (1955), Nozze romane (1955), Tu sei Pietro (1961). Dopo un ventennio di silenzio segnato da una dolorosa malattia e dall’esperienza dell’ospedale psichiatrico, è tornata alla scrittura con L’altra verità. Diario di una diversa (1986), racconto in prosa dell’esperienza manicomiale. Con La terra santa (1984) il vissuto tragico si riversa nella poesia, evocando una realtà deformata dentro cui si muove una sensibilità acuta e sofferta. La produzione successiva s’impone per la sua densità visionaria e per la sensualità impetuosa, che raggiunge un’intensità quasi mistica (Testamento, 1988; Vuoto d’amore 1991; Ballate non...

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