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(scheda pubblicata per l'edizione del 1987)
scheda di Pozzan, M.T., L'Indice 1988, n. 3
È una raccolta di saggi scritti nel primo e nel secondo dopoguerra e rappresenta un tentativo, sia pure scarsamente realistico, di trovare una soluzione al "fallimento della razza umana" che sembrava aver raggiunto l'acme negli orrori della seconda guerra mondiale e di cui gli intellettuali si sentivano dolorosamente consapevoli. Era un clima nel quale, accanto alla dolorosa constatazione dello sfacelo, trovava spazio una spinta altrettanto sentita verso la costruzione di un mondo migliore. "Bambini del futuro" si colloca in questo filone di pensiero come un tentativo di "trovare l'errore" e porvi rimedio. Secondo Reich, non esiste nel neonato alcun impulso distruttivo, ma solo una spinta vitale che si esprime nella ricerca di contatti affettivi e gratificazioni sessuali. Questi bisogni vengono immediatamente frustrati in forza di una cultura che impone l'educazione alle regole e non lascia spazio alla libera espressione delle pulsioni. Così il bambino che cresce vedrà sempre più frustrati i suoi impulsi sessuali, imparerà a negarli e a rimuoverli e diventerà un adulto al quale si è impedito di avere una "sessualità sana". La frustrazione sessuale fa sì che il bambino dolce e aperto al mondo si trasformi nell'adulto cinico e violento: si tratta di un vero e proprio processo di distruzione mentale che riguarda la massa delle persone e si estende a macchia d'olio come una vera "peste psichica". Il centro studi, fondato da Reich, si proponeva di seguire nel tempo coppie particolarmente sensibili che decidessero di allevare figli che ne fossero immuni. Da questi bambini, divenuti adulti sarebbe nata l'umanità nuova. Si tratta di analisi e di soluzioni indubbiamente datate e, credo, anche per quegli anni, semplicistiche. Era comunque certamente innovativo l'atteggiamento nei confronti della relazione madre-bambino nei primi giorni di vita. Reich riconosce il particolare legame empatico che si stabilisce tra madre e neonato arrivando quasi a descrivere "una reverie ante litteram" e attribuisce al neonato quelle capacità propositive che gli sono state negate ancora in anni molto recenti.
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