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Anno edizione: 2015
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I bambini della ferrovia – o, come dice Faeti, “una vita sulle rotaie” -, racconta di Roberta (Bobbie), Phyllis e Peter, tre fratelli, che si trovano improvvisamente costretti a cambiare casa dopo la misteriosa e forzata partenza del padre. Questo cambiamento viene vissuto dai fratelli come una vera e propria avventura, perché arrivando ai Tre Camini si ritrovano per la prima volta vicinissimi alla stazione ferroviaria, a tu per tu con i “draghi” (così chiamano i treni) – anche se tecnicamente il trasferimento vuol dire soprattutto un abbassamento del loro status sociale, che la madre si adopera per non far risultare né a loro e né alle altre persone. Badate bene, non è che diventano poveri nel senso stretto del termine: hanno sempre di che mangiare, anche se devono fare molta attenzione alla quantità o al consumo di carbone – questo è uno degli aspetti autobiografici inseriti dalla scrittrice nella storia, perché la stessa Nesbit si era ritrovata in questa condizione a 22 anni, quando il socio di suo marito Hubert scappò in Spagna, portando con sé il denaro della loro ditta. In più, Hubert si ammalò di vaiolo ed Edith, proprio come la mamma di Bobbie, Peter e Phyllis, iniziò a scrivere racconti (nel caso di Edith si trattò di ghost stories e non di storie per ragazzi). Ecco, è questa l’idea grandiosa che ha avuto la scrittrice, a mio avviso: creare un suo doppio su carta, come pure un doppio nel doppio, ovvero trovare nella figura della Ferrovia – con i suoi ponti, vagoni, tunnel e binari – una mamma alternativa per i tre ragazzini. Ha sostituito una persona vera con un qualcosa che prende vita nella mente e nella realtà dei tre protagonisti, senza aver bisogno di creare un personaggio cattivo per movimentare la storia o metterli in pericolo, ma circondandola invece di un variegato campionario di persone dalla sfaccettata umanità – ferrovieri, passeggeri, dottori, facchini, pescatori e cacciatori.
Perdendosi tra le pagine della Nesbith si avvertono sensazioni antiche: il canto del cuculo, una folata di vento sul viso, nuvole che cambiano forma di continuo, lo sferragliare di un treno in crescendo, dolci colline verdi,il profumo del pane alla mattina misto a quello di fiori freschi, di giardino, senza eccessive pretese. Ed è proprio questo a catturare il lettore, la semplicità di un tempo in cui anche il solo poter osservare una locomotiva in movimento era un piacere unico e un divertimento sopra ogni altro. Oggi questi bambini sarebbero considerati degli sciocchi, non saprebbero usare un game boy ( pardon, un nintendo DS), non comprenderebbero l'utilità di un cellulare, nè riuscerebbero ad usare un computer o ad accendere la tv. Eppure il loro cuore è grande, la loro volontà di essere dolci e premurosi con la madre afflitta( personaggio bellissimo) infinita, il loro aiutarsi e sostenersi vicendevolmente, malgrado le piccole scaramucce quotidiane, lodevole. Giovani da cui certamente prendere esempio, ma anche piacere di leggere le loro avventure a cuor leggero,gioiosi della godibilissima atmosfera che permea il romanzo intero. Che la Rizzoli pubblichi la trilogia dei fratelli Bastable della stessa autrice! Vi prego! Io aspetto fiduciosa, e incantata. Gaia.
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