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Umberto Eco scrive un libro di 600 pagine il quale è una costante battuta. Non c'è davvero un momento di serietà che si possa apprezzare come tale nell'intera narrazione. Ogni frase, insomma, è la stessa di prima ed è seguita da una sua copia identica. A ripetersi sono sempre gli stessi elementi: rottura del la maschera dei personaggi, battute sporche e sentimenti banali. In questo modo il libro punta ad essere una costante risata. Ma se la risata è una “virtù”, il suo eccesso è senza dubbio un vizio. Tuttavia ritengo che questo libro sia molto meglio di altri e dopotutto non troppo male. La pesantezza c'è, ed è apparentemente nello stile di Eco, ma c'è anche molto di interessante in questo libro.
Umberto Eco scrive un libro di 600 pagine il quale è una costante battuta. Non c'è davvero un momento di serietà che si possa apprezzare come tale nell'intera narrazione. Ogni frase, insomma, è la stessa di prima ed è seguita da una sua copia identica. Se questa è una prova di maestria nello stile (o di penuria, dipende dalle prospettive), l'effetto che ha è decisamente vomitevole. A ripetersi sono sempre gli stessi elementi: sentimenti banalizzati e talvolta brutalizzati, battute sulle feci, il fatto che gli uomini medievali fossero “semplici”, invettiva non elaborata alla religione, dati storici elencati senza arte. In questo modo il libro punta ad essere una costante risata. Ma se la risata è una “virtù”, il suo eccesso è senza dubbio un vizio, o peggio. E 600 pagine di battute tutte uguali intermezzate da secchi avvenimenti storici sono senza dubbio troppo. Dietro questo libro non c'è musica, non c'è poesia, non c'è ritmo, non c'è proporzione, non c'è un messaggio se non il cinismo, neanche molto profondo. Ho paura di coloro che leggono questo libro con piacere.
Umberto Eco è Umberto Eco. Punto
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