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ideale prosecuzione del precedente "La guerra fascista" del 2020, il volume è molto interessante perché cerca di illuminare senza pregiudizi le motivazioni di fondo che spinsero molti, giovani e meno, a scegliere di aderire al nuovo stato repubblicano nato dopo l'8 settembre per volontà tedesca, anche se ormai votato alla sconfitta militare. Oliva rintraccia queste motivazioni negli ideali nazionalisti che i giovani di vent'anni avevano assorbito in modo esclusivo, insieme allo spirito guerresco vissuto in corpi militari nuovi, quali i paracadutisti e gli incursori di marina. Accanto ai giovani, Oliva mette in luce il revanchismo di fascisti della prima ora, poi allontanati dai benefici carrieristici del Ventennio. Naturalmente, accanto a simili discutibili, ma reali sentimenti, ritornano le ambizioni dei gerarchi e dei politici più navigati, i vecchi "arnesi" pronti a tutte le astuzie pur di rimanere a galla nella lotta finale, quali Pavolini, Ricci, Buffarini Guidi e Graziani. In mezzo a costoro, simbolo indiscusso e supremo feticcio, un Mussolini stanco, abulico, che avrebbe voluto ritirarsi in un impossibile pensionamento, e che però Hitler vuole a tutti i costi elevare a ultimo simbolo di lotta. Incapace di tenere a freno i gerarchi e di guidarli, di fatto prigioniero di lusso dei tedeschi e loro strumento, Mussolini è l'emblema di una impotenza statuale di fondo, di un regime che non riesce neppure a mascherare la sua totale sudditanza ai tedeschi, diventando così la causa di una orribile guerra civile: Il merito di Oliva, attraverso questo libro di esemplare pacatezza e ricchezza, basato su ampie fonti memorialistiche e storiografiche, è di trasmettere la storia di quegli incandescenti e terribili 20 mesi e di renderla fruibile anche agli italiani più giovani, che spero lo vogliano leggere e apprezzare.
Una ricostruzione equilibrata sugli sconfitti del secondo conflitto mondiale
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