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Non posso dire di averlo adorato. Lo stile di scrittura non è tanto frammentario quanto confusionario. L'Ulisse di Joyce in confronto è nulla. Innovativo quando è stato scritto, adesso forse non stupisce più di tanto. Non fa per me.
Rulli di tamburo per Franz Biberkopf. Se leggendo un libro, (ad esempio Il mondo di ieri di Zweig), ti viene voglia di andare a Vienna, è possibile che, avendo voglia di andare a Berlino, ti legga tutto quello che ti capita con 'Berlino' nel titolo. E allora, quello che più avevo nella memoria era questo, ma non sapevo che assieme al mood della vita berlinese degli anni Venti, sarei stata frullata da uno stile, un linguaggio e un registro decisamente fuori registro. A me, sinceramente, più che Joyce ha ricordato Il tamburo di latta di Günter Grass - almeno nella fatica di seguirlo -, ma non so se anche il Günter fosse espressionista... Insomma è quel genere di scrittura 'scardinata' - "[...] sicché scrissi come sempre senza un piano preciso, senza una linea direttrice, alla ventura, e non architettai una favola; la direttrice era il destino, i tentativi di un uomo fino allora fallito." - che mi manda in confusione, avendo io, nella lettura, un approccio piuttosto prussiano 😀. Ma se con Günter Grass la fatica è stata ripagata dai guizzi geniali che ho trovato nel suo surreale, funambolico racconto, con Döblin non è scattato nulla; mi è scappato via senza mai agganciarmi. Ho tirato fino a metà e poi leggiucchiato svogliatamente fino alla fine. Così è andata. Tanto per rendere l'idea: "Dietro di lui rulla il tamburo, marciate marciate. Andiamo alla guerra con passo sicuro, cento sonatori vengono con noi, alba e tramonto risplendono per noi, per la nostra morte precoce. Biberkopf è un piccolo operaio. Sappiamo quel che sappiamo, abbiamo dovuto pagarlo caro. Andiamo verso la libertà, il vecchio mondo deve crollare... Segnate il passo, sinist, dest, sinist, dest, marciare, marciare, andiamo alla guerra, e cento sonatori marciano con noi, con trombe e con tamburi, tarabum bum bum, chi marcia e chi cade, chi vive e chi muore, tarabum bum bum, tarabum bum bum."
Può essere spiazzate: la lingua di questo romanzo è viva , fluttua velocemente come un fiume in piena. La Berlino qui raccontata è espressiva, dinamica e mai banale. Non è una scrittura "comoda" ma val la pena imbarcarsi nell'impresa di affrontarla.
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