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Anno edizione: 2023
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Biografia di un vestito (Adelphi, 2023) è una short story della scrittrice antiguo-barbudana, in appena 45 pagine attraverso l’elemento cardine del vestito, rappresenta un prima e un dopo nella sua vita. La Kincaid che vive ancora nell’isola caraibica di Antigua, con il ricordo appassionato della madre che le cucì un vestito giallo per la classica foto d’infanzia; e l’autrice nella sua vita futura che confeziona un vestito di Halloween per sua figlia, Annie, da poco trasferita a New York. Dietro queste due fotografie che ci offre Jamaica, il lettore conoscerà un po’ di più sulla vita dell’autrice, come quando lei si chiedeva: «perché non fossi stata presa a «Mademoiselle» quando sembrava che fossi piaciuta parecchio, e lui disse: Ma come avevo potuto fare domanda in un posto come quello – non lo sapevo che non assumevano ragazze nere? E io pensai: Ma come potevo sapere di essere una ragazza nera? Non mi passo mai accanto in corridoio dicendo: Sono una ragazza nera. Non mi vedo mai svoltare l’angolo e venirmi incontro dicendo: Ecco una ragazza nera che mi viene incontro. Come facevo a sapere una cosa del genere?» Seppur breve, in questo libro, troviamo gli elementi cari all’autrice – come le origini, i legami affettivi mai completamente risolti, l’indipendenza cercata e voluta anche a costo di scelte difficili –, che saranno ripresi e ampliati nel resto delle sue opere.
Leggere la Kincaid significa, ogni volta, sapere che si sta andando verso il cuore del tema, e che in quel percorso qualcosa di sé, del proprio femminile in rapporto alla figura della madre, degli uomini o ai luoghi, al passato, verrà a sfiorare delle cicatrici e si capirà quanto é stato da noi elaborato, si rivivono i passaggi fondamentali del proprio entrare nel mondo. La sua voce emoziona per come in quel suono atavico tutto viene espresso, velatamente ma anche spietatamente, come volontà di riscatto e affrancamento. In questo minuscolo libro, densissimo e ipnotizzante, sono riuniti due racconti che vedono protagonista un vestito; elemento che la Kincaid utilizza come metafora, simbolo dentro il quale si racchiude tutta la complessità del rapporto madre figlia. Il secondo racconto l’ho interpretato come una prosecuzione conseguenziale del precedente, dove la bambina diventata adulta e a sua volta madre racconta la sua difficile emancipazione anche attraverso la scelta di un proprio stile. È proprio questo raccontare la vita attraverso le traslazioni che rende il dolore espresso dalla Kincaid profondo e universale, uno specchio per chi la legge.
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