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«"Uomini e donne per me fanno tutt’uno", osservò la dottoressa Prance. "Non ci trovo nessuna differenza. C’è ampio margine per migliorie in entrambi i sessi. Nessuno dei due è all’altezza del proprio compito".»
Il disegno di questo romanzo resta solo parzialmente comprensibile e non del tutto riuscito. James precisò, nella sua corrispondenza di quel periodo, che intendeva realizzare «lo studio di una di quelle amicizie tra donne che sono comuni nel New England», ma è del tutto evidente che non si tratta di semplice amicizia e che il trattamento riservato alle due protagoniste è molto asimmetrico. Olive è sinceramente innamorata di Verena, non le è solo amica. Verena però non è in grado di ricambiare questo sentimento perché la sua struttura psichica risulta troppo bisognosa di un supporto esterno: è una creatura preraffaellita incapace di portare sulle proprie spalle il peso dell’autodeterminazione, e quindi anche di gettarsi nella relazione con Olive. La loro storia diviene così un sofferto tentativo di dimostrare al mondo che «una donna poteva vivere la sua vita senza l’ausilio di un uomo» (p. 424), e tuttavia l'autore non ha alcuna pietà nel demolire lo slancio di Verena nel momento in cui un uomo che incarna in maniera quasi bozzettistica l’opposto della sua visione del mondo riesce ad imporsi su di lei. Sappiamo tutti quanto James prediligeva i tipi femminili tormentati a quelli maschili di qualsiasi natura, e allora perché non fornisce Verena di un minimo di difese da questo abisso? C’è forse in azione una volontà autoriale punitiva nei confronti di un tipo di bellezza senza sostanza che alla fine dell’Ottocento non avrebbe dovuto più esistere?
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