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Nella dozzina del Premio Strega 2020
Finalista del Premio Letterario Corrado Alvaro
«Lupo scrive un'autobiografia delicatamente fabulosa inquietata da un "silenzio" che è trauma infantile di afasia, e poi, nel tempo, insidia persistente di un "male delle parole"» – Salvatore Silvano Nigro
L'infanzia, più che un tempo, è uno spazio. E infatti dall'infanzia si esce e, quando si è fortunati, ci si torna. Così avviene al protagonista di questo libro: un bimbo che a quattro anni perde l'uso del linguaggio, da un giorno all'altro, alla nascita della sorella. Da quel momento il suo destino cambia, le parole si fanno nemiche, anche se poi, con il passare degli anni, diventeranno i mattoni con cui costruirà la propria identità. Breve storia del mio silenzio è il romanzo di un'infanzia vissuta tra giocattoli e macchine da scrivere, di una giovinezza scandita da fughe e ritorni nel luogo dove si è nati, sempre all'insegna di quel controverso rapporto tra rifiuto e desiderio di dire che accompagna la vita del protagonista. Giuseppe Lupo – proseguendo, dopo Gli anni del nostro incanto, nell'«invenzione del vero» della propria storia intrecciata a quella del boom economico e culturale italiano – racconta, sempre ironico e sempre affettuoso, dei genitori maestri elementari e di un paese aperto a poeti e artisti, di una Basilicata che da rurale si trasforma in borghese, di una Milano fatta di luci e di libri, di un'Italia che si allontana dagli anni Sessanta e si avvia verso l'epilogo di un Novecento dominato dalla confusione mediatica. E soprattutto racconta, con amore ed esattezza, come un trauma infantile possa trasformarsi in vocazione e quanto le parole siano state la sua casa, anche quando non c'erano.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
I narratori italiani trovano nelle proprie radici un humus molto fertile per l'ispirazione, che spesso dà buoni risultati, spesso sono radici del sud, come in questo libro. Piacevole la parte dell'infanzia dove dominano due figure di genitori afflitti da manie pedagogiche, maestri dalla cima dei capelli alla punta dei piedi, descritti con affettuosa ironia. Secondo me la parte migliore. La fase dell'avvento della maturità è meno interessante, più che altro sono flashes, dedicati alla città, a pochi tratti interiori, alla propria evoluzione di scrittore, ma tutto accennato e quindi non molto interessante.
Contenuto: l'infanzia come genesi di un racconto che si dipana tra le stagioni della vita e le rivoluzioni economiche e, necessariamente, socio-culturali dello scorso secolo.Tipologia lettore: nostalgico.
Siamo certi che alcuni di noi abbiano “superato” la propria parentesi di silenzio? Come affrontare una condizione che, spesso, ci portiamo dietro dall’infanzia? Quale chiave ci permette di far sentire le nostre parole? Per l’autore la svolta è arrivata dopo molta paziente attesa, nel mito di una Milano che detta le regole e la corsa non solo dal punto di vista economico, ma anche culturale e sociale. Un libro dove ritrovare se stessi dentro la difficoltà sperimentata dall’autore.
Recensioni
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