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Descrizione


"Les brigands en Italie" doveva essere inserito nella seconda edizione di "Rome, Naples et Florence", pubblicata nel 1827 e praticamente rifatta rispetto alla prima edizione del 1817 che era stata stroncata dalla critica. Stendhal decise in seguito di non utilizzare il racconto che fu invece passato al cugino Romain Colomb che lo inserì nel suo "Promenades dans Rome" attribuendolo a "uno dei miei nuovi amici, che sembrava ben informato di tutto quanto riguarda il brigantaggio in Italia."
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Dettagli

2004
25 marzo 2004
63 p., Brossura
9788870185126

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Serena
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Questo piccolo saggio di Stendhal riporta diverse storie di briganti in Italia e soprattutto ci trasmette l'idea che gli italiani avevano dei briganti nell'800. Non ha la pretesa del rigore storico; lo stesso autore ammette di essersi avvalso di fonti orali. Eppure, anziché diminuire il fascino di questo testo, ciò lo rende ancora più interessante per chi ama la storia. Ci accompagna in un breve viaggio nell'Italia di allora e nell'immaginario della gente comune a quel tempo e ci dà persino alcuni spunti utili per comprendere gli sviluppi successivi del fenomeno.

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Isabella
Recensioni: 5/5

Un esperto conoscitore dell'Italia e del suo popolo oltre che uno scrittore geniale, Stendhal traccia un abbozzo sul mestiere del brigante. Uomini feroci e intelligenti, spesso in lotta con l'autorità ma nel contempo ferventi cristiani, i briganti sono descritti nei loro crimini, nel loro stile di vita, nella loro ferocia. Soprattutto stupisce quanto fossero ammirati dagli Italiani, che pure subivano le loro malefatte, e come a volte, invece di essere condannati, riuscissero a ottenere l'immunità. Uno studio etnografico quasi, alla maniera della Germania di Tacito, in cui stupore, orrore e ammirazione si mescolano. E i bravi manzoniani non sono che pallide figure davanti alla realtà narrata da Stendhal. Un libro che inoltre ci fa comprendere molto su certi fatti contemporanei....

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Stendhal

1783, Grenoble

Pseudonimo di Henri Beyle. A sedici anni si trasferisce a Parigi dove si impiega al ministero della Guerra. Nel 1800 raggiunge l'armata napoleonica in Italia e lavora come impiegato nell'amministrazione imperiale, viaggiando in Germania, Austria e Russia. Dopo la caduta di Napoleone si stabilisce in Italia, abitando soprattutto a Milano. Torna a Parigi nel 1821, vive collaborando a riviste con articoli di critica artistica e musicale. Dopo la rivoluzione del 1830 e l'avvento di Luigi Filippo viene nominato console a Civitavecchia. Muore a Parigi. Le sue opere principali sono: "Considerazioni sull'amore" (1822), "Il Rosso e il Nero" (1830), "La Certosa di Parma" (1839), "La Badessa di Castro" (1839), "Vita di Henry Brulard" (1890), "Ricordi d'egotismo" (1892), "Lucien Leuwen" (1894).

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