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Lando Caporossi, protagonista del romanzo di debutto di Marco Parracciani, è un giovane di grandi capacità inventive, la sua coevey è ormai pronta per essere prodotta, ma prima che ciò accada egli scopre che è già in vendita su Amazon, prodotta da un’azienda cinese. Così ormai senza lavoro, che aveva abbandonato per seguire il suo sogno, senza la sua affettuosa Camilla, in compagnia di strani amici raggiunge la Cina, ma non attua la vendetta, bensì nasce in lui un nuovo amore. È questo il plot di Business per bamboccioni (180 pagine, 14 euro) di Parracciani, pubblicato da Caffé Orchidea.
Il suo agire, il suo comportamento, al di là degli insegnamenti propostigli dal libro comprato e progressivamente letto, ”Business per bamboccioni”, rivela un giovane sopraffatto e avvilito dalla globalizzazione e dai nuovi mezzi informatici che hanno consentito il furto della sua invenzione. In tutto ciò che gli succede pare, come sempre, vigere la legge darwiniana, la legge del più forte: ci sono specie e individui che sanno adattarsi meglio alla vita poiché sono più abili e forti ed altre specie e individui che sono destinati invece a soccombere. La globalizzazione è un esempio eclatante della suddetta legge, infatti essa favorisce l’accumulo della ricchezza in poche mani, condanna i piccoli imprenditori a cessare le loro attività e le masse a subirne drammatiche conseguenze, quali disoccupazione e povertà. E, in tale processo, gli strumenti informatici sono stati, gl’inconsapevoli alleati del nuovo sistema economico.
È così, infatti, che grazie all’abilità di alcuni tecnici informatici, una grande industria cinese, dedita al furto e alla falsificazione, può rubare e produrre in anteprima invenzioni altrui e Lando rientra nell’ambito delle vittime del sistema. Lo scrittore con una narrazione tra realistica ed onirico-fantastica nello stesso tempo, fa vivere al protagonista una sorta di sdoppiamento dell’io: egli e lui, l’omino del gioco del Monopoly, che diventa allegoria e simbolo nello stesso tempo (non è facile distinguere) del suo desiderio di diventare monopolista dell’offerta della sua invenzione, sino al punto da tramutarsi in fantasma-incubo, incarnazione del suo subcoscio, del suo palpito interiore, che parla un linguaggio interrogativo e spesso ironico e ossimorico, che sembra sollecitarlo ad agire e nello stesso tempo metterlo in guardia da quanto la sua ingenua e disastrosa ambizione gli propone.
Così, povero bamboccione, si è convinto a lasciare il posto fisso, poi anche la sua servizievole Camilla per seguire sogni imprenditoriali e poi, di fronte al fallimento, la vendetta che non saprà realizzare. Un inetto di sveviana memoria, che secondo la distinzione freudiana tra “istinto di piacere e istinto di realtà”, si lascia abbindolare dal primo, infatti da bamboccione mira esclusivamente alla realizzazione immediata del suo desiderio , della sua ambizione e poi sarà proprio tramite la sua mascotte, che portava anche nel portachiavi, oltreché vedere in immaginifiche visioni e sogni, che imparerà a reprimere non solo il suo desiderio di successo, ma anche e soprattutto quella di vendetta, e, seguendo adesso il freudiano istinto di realtà, rivolge il suo animo verso piaceri concreti e immediati, quale l’amore che le viene dato da Dalila, la ragazza che incontra in Cina e con la quale decide di rinascere a nuova vita, poiché ormai era finito quel giro e adesso dovevano muoversi loro due, «pronti per un nuovo giro, in attesa di passare nuovamente dal Via. Insieme (pag.178).
Un romanzo di formazione che tende a rivelare che l’inettitudine di Lando non nasce dalla sua indole, ma dalla storia, dal contesto sociale, dove solo il più forte riesce ad imporsi; un romanzo che è nello stesso tempo una denunzia che svela il male insito nella globalizzazione. I fatti narrati sono collegati tra loro da un semplice rapporto di contiguità, più che da un rapporto di dipendenza che spetta al lettore alla fine realizzare, collegando in rapporto lineare e coerente i singoli momenti.
Recensione di Francesca Luzzio
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