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Non mi sono mai riconosciuto, come calabrese, nei depliant o brochure o libri patinati che descrivevano i posti, la bellezza e la gente della mia zona. Sempre poco credibili. Esaltazione solo della bellezza, senza dolori nè guai. Dopo averli letti mi sono sempre chiesto: "ma io abito qui?". Invece mi riconosco perfettamente in questo libro di Peppe Voltarelli, Il caciocavallo di bronzo, scritto in modo schietto, ironico, veritiero. Un libro in cui non si nascondono certo i difetti dei calabresi, le loro paure, la loro mentalità, le loro manie. Tutte cose che esistono e che ne fanno, nello stesso tempo, la loro qualità. Realtà difficili, da non oscurare, da denunciare, da ammirare. Il caciocavallo di bronzo non è un vero e proprio romanzo e neanche una vera e proprio autobiografia. E' una descrizione di luoghi e di avvenimenti, di persone e di usanze. Descrivendone i luoghi Voltarelli rivela l'anima di questi posti. Da cartolina diventano sospiri, speranze, delusioni, partenze, solitudini, canzoni. Per apprezzare al meglio questo libro bisogna avere due requisiti (che il sottoscritto possiede): essere calabrese ed avere almeno quarant'anni d'età. Il caciocavallo di bronzo è tra i libri più belli che ho letto. Ed io, di libri, ne ho letti tanti. Sergio Caruso
Pagine sulfuree e irriverenti, dal battito beat, ritmo ispirato e scatenato, morso di tarantola afroblues viandante tra sud e nord e "a sud di nessun nord" (per dirla con il buon Buk, non a caso), Calabria come frantumata culla umore parola, Bologna Roma Germania Argentina Parigi, prosa fluida, torrenziale, vitalissima, con righe spezzate senza punteggiatura, inframezzate da canzoni in italiano e in dialetto che nutrono d'ulteriore energia, e talvolta lo rendono ancora più stralunato, questo "romanzo cantato e suonato". Un libro che è piacere dei sensi, musicalità deflagrante, intriso d'umorismo e di immagini luminose, che si rivela in squarci paradossali, disorientanti, d'intensa potenza lirica, d'inesorabili dolcezze e amarezze stemperate da uno sguardo laterale, scritto da un artista che ho avuto la fortuna d'ascoltare questa estate in un paese della costa ionica calabrese, durante una esibizione musicale in cui Voltarelli si è lasciato rapire, tra cielo mare terra, dalle magmatiche forze dionisiache (chissà, forse in quei luoghi qualche esile alito ancestrale della Magna Grecia ancora vaga qui e là). Peppe Voltarelli, autore nomade, ribelle, ironico, tenero, contemplativo, mi ricorda anche in qualche modo Woody Guthrie, un Guthrie dei nostri nuovi tempi hobos, oscillanti tra tenebre e luce (e i veri artisti come Voltarelli si muovono nel luogo segreto dove nasce l'ombra); "Il caciocavallo di bronzo" ne è segno e traccia. Ho letto molti dei suoi capitoli ad alta voce, perché i libri davvero belli si leggono soprattutto così.
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